SUD SUDAN – ( 29 Ottobre )

Referendum non ufficiale nella regione di Abyei contesa fra Nord e Sud Sudan



“Inaccettabile e irresponsabile”: così l’Unione africana condanna il referendum organizzato dalla società civile nella regione petrolifera di Abyei, contesa fra Sudan e Sud Sudan, per decidere da che parte stare. Per capire il significato di questa vicenda nel processo di normalizzazione dei rapporti tra Nord e Sud Sudan dalla separazione del 2009, Fausta Speranza ha parlato con Aldo Pigoli, docente di storia dell’Africa contemporanea all’Università Cattolica di Milano:RealAudioMP3

R. – Sicuramente va interpretato sotto due profili, di cui uno più locale, nei rapporti di tipo politico-sociale ma anche economico, che da sempre ci sono tra le varie popolazioni, che abitano l’area, caratterizzate anche da dispute e contese di lunga data; e l’altro è un livello più macro: quello dei rapporti tra Sudan e Sud Sudan, che proprio sulla questione su come gestire il territorio conteso appunto, quello di Abyei, da sempre sono in disputa e in contrapposizione. E per “da sempre” intendo da quando, nel 2005, si è iniziato a parlare di sviluppo di due Sudan, che poi si è manifestato con l’indipendenza del Sud Sudan e la secessione nel 2011. I livelli, quindi, a questo punto, sono duplici: locale e internazionale di gestione di un territorio conteso da due Paesi.

D. – Non si tratta soltanto di questo territorio, ma anche della gestione del petrolio e di altri fattori che stanno accompagnando faticosamente questo processo di normalizzazione tra Nord e Sud Sudan…

R. – Certamente la questione del petrolio è quella più evidente, ma anche dal più alto impatto strategico. La regione contesa, oggetto di questo referendum, è una regione ricca di risorse petrolifere, sfruttate da diversi anni. Con la secessione del Sud Sudan, il Sudan, con capitale Karthoum, ha perso gran parte delle sue ricchezze. I proventi dell’estrazione petrolifera e delle relative esportazioni erano il fondamento dell’economia sudanese. Aver perso l’accesso diretto, il controllo diretto, a gran parte dei giacimenti petroliferi e delle rendite collegate ad esso è sicuramente un fattore di svantaggio, che ha caratterizzato l’evoluzione politico-economica interna del Sudan, di Karthoum, negli ultimi anni. Ci sono poi le questioni della definizione dei confini, con tutte le dinamiche appunto socio-politiche locali. Il problema che da sempre si è posto dal 2011 in poi è che ogni passo può determinare un precedente, che potrebbe venire utilizzato o meno anche per altri Stati africani, che condividono con il Sud la storia dei rapporti tra Sud Sudan e Sudan e tutta la serie di analogie. Ricordiamoci che molti Paesi africani devono il loro territorio, i loro confini, alla definizione in epoca coloniale delle varie colonie da parte delle potenze europee, che poi è rimasta quasi intonsa una volta che i Paesi africani hanno ottenuto l’indipendenza. Con tutte le problematiche, quindi, ad esso collegate.

D. – Dal punto di vista geopolitico, questo territorio così grande che comprende Nord e Sud Sudan, che sfida rappresenta?

R. – Se consideriamo il Sudan nel suo insieme, era fino al 2011 lo Stato più vasto a livello territoriale dell’intero continente africano, e strategico, perché posto in posizione appunto centrale, ma collegata anche a diverse aree. Quindi, sicuramente di grande impatto strategico. Ora bisogna considerare due Paesi, con le loro problematiche differenti. Non a caso il Sud Sudan è sempre più integrato con Paesi dell’area dell’Africa orientale, in primis il Kenya, ma anche l’Etiopia. Strategicamente, quindi, geopoliticamente, questo territorio andrà incontro a notevoli evoluzioni.

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del sito Radio Vaticana
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