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In una nota, di cui Avvenire ha avuto copia attraverso l’associazione “Italians for Darfur”, lambasciatrice Amira Daoud Hassan Gornass sottolinea che, in accordo con le leggi sudanesi, il verdetto della corte di prima istanza, basatasi sulla sharia, sarà reso esecutivo solo dopo che saranno esaurite tutte le possibilità di appello disponibili. Ma sottolinea anche cheil sistema giudiziario è indipendente da qualsiasi forma di influenza o di interferenza.
Il caso di Meriam sottolinea ad Avvenire monsignor Macram Max Gassis, vescovo emerito della diocesi sudanese di El Obeid – dimostra che non cè libertà di religione in Sudan, a dispetto di ciò che dice il regime e nonostante essa sia insita nella Costituzione”.
Le dure leggi coraniche, certo. Ma ci sono anche ragioni umane, troppo umane, dietro linchiesta che ha portato nei mesi scorsi allarresto di Meriam. La novità è filtrata attraverso Justice Centre Sudan, organizzazione non profit che si sta facendo carico delle spese legali di Meriam. Un portavoce ha sottolineato: Crediamo che i familiari abbiano presentato la denuncia perché vogliono prendere il controllo dei suoi affari. Se Meriam resta in prigione potrebbe perdere tutto e i parenti sarebbero i primi a beneficiarne. Stessa cosa, secondo lorganizzazione, accadrebbe se Meriam fosse forzata a lasciare il Sudan.
http://www.avvenire.it/Mondo/Pagine/meriam-ambasciata-sudan-possibilita-revisione.aspx