TERRA SANTA – ( 7 Novembre )

TERRA SANTA
 
Le case ai cristiani di Gerusalemme questione di giustizia

Costruite e restaurate grazie anche alla Colletta del Venerdì santo, all’Ordine del Santo Sepolcro e a tanti benefattori sparsi nel mondo. Secondo dati del Patriarcato latino, gli abitanti palestinesi della zona Est avrebbero bisogno di circa 1500 permessi di costruzione di nuovi alloggi ogni anno, ma Israele ne concede circa 200. Di qui il fenomeno dell’abusivismo e delle demolizioni
Daniele Rocchi

Come costruire nuove case e distruggere la pace: è il paradosso che si vive a Gerusalemme Est, occupata e annessa a Israele con la Guerra dei Sei giorni del 1967, dove lo scorso 30 ottobre il governo israeliano ha autorizzato la costruzione di 1500 nuovi alloggi nella colonia ebraica di Ramat Shlomo. Una decisione che ha fatto infuriare l’Autorità nazionale palestinese con cui erano state avviate trattative che avevano portato alla scarcerazione di 26 detenuti provenienti dalla Striscia di Gaza. Un processo di colonizzazione della parte orientale della città santa, a maggioranza araba, cui Israele non intende rinunciare: si stima, infatti, che dal 1967 vi sono state costruite, soprattutto con fondi pubblici, oltre 50mila abitazioni destinate alla popolazione ebraica. Oggi nella sola Gerusalemme Est risiederebbero circa 200mila ebrei, ovvero circa il 39% della popolazione ebraica della città. Per il futuro si prevede un incremento di nuove case, con un processo di insediamento il cui scopo è quello di prevenire ogni tentativo di ridividere la città o di sottrarre il territorio della parte orientale al controllo di Israele. Parallelamente alla costruzione di nuovi alloggi, Israele continua anche nell’opera di confisca di terre e di demolizione di edifici illegali. Ma c’è chi non si rassegna e continua a costruire, legalmente, nuove abitazioni e a ristrutturarne di vecchie: si tratta del Patriarcato Latino di Gerusalemme e della Custodia di Terra Santa.

 
Controllo politico delle abitazioni. Secondo dati del Patriarcato latino di Gerusalemme, riferiti alla fine del 2010, gli abitanti palestinesi di Gerusalemme Est avrebbero bisogno di circa 1500 permessi di costruzione di nuovi alloggi ogni anno, ma Israele ne concede circa 200, “forse anche meno” secondo il direttore generale della Caritas Gerusalemme, padre Raed Abusahlia che al Sir sottolinea la carenza di abitazioni per i palestinesi a Gerusalemme Est. “La difficoltà di ottenere permessi dalla municipalità, ci vogliono anni e migliaia di dollari per averli, spinge molte persone a costruire illegalmente andando incontro poi a provvedimenti di demolizione da parte delle autorità israeliane”. Secondo i dati dell’Ufficio Onu per il coordinamento delle questioni umanitarie (Ocha), 91 abitazioni sono state demolite a Gerusalemme dall’inizio di quest’anno al 30 ottobre e 265 persone sono rimaste senza tetto. Nello stesso arco di tempo, lo scorso anno, furono abbattute 64 case e 71 persone dovettero sfollare. Avere il controllo delle abitazioni per Israele è, pertanto, un tema politico.
 
Costruire per restare e convivere. La mancanza di abitazioni in Terra Santa, secondo il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, è la prima causa di emigrazione dei giovani cristiani. Si calcola che siano dalle 400 alle 600 le famiglie che hanno bisogno di alloggio. Una crisi alla quale la Chiesa locale cerca di rispondere costruendo nuove case o restaurando vecchi appartamenti da dare in affitto agevolato. Sia il Patriarcato latino che la Custodia di Terra Santa hanno promosso diversi progetti di “housing”. A Beit Safafa, piccolo quartiere di Gerusalemme sud, il Patriarcato latino ha realizzato 72 alloggi dati, a condizioni agevolate, a famiglie cristiane. Gli appartamenti hanno una superficie di 100 m² con la veranda e ciascuno dispone di un garage e di un deposito. Monsignor William Shomali, vicario ausiliare di Gerusalemme e vicario per la Palestina, sin dall’inizio, nel 2003, dopo la seconda Intifada, ha seguito questo progetto, costato milioni di dollari. Lo scopo è quello di aiutare i cristiani di Gerusalemme – particolarmente le giovani coppie – a restare in Terra Santa e arginare l’emigrazione provocata dalla difficile situazione socio-politica. Tanti i benefattori e gli sponsor che hanno permesso la realizzazione del progetto, tra questi il Governo italiano, l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro, la diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro che dal 2010 è gemellata proprio con il patriarcato latino di Gerusalemme e il Movimento Cristiano Lavoratori. Beit Safafa rappresenta solo una prima fase del sostegno del Patriarcato che ha già avviato la procedura per un nuovo complesso abitativo destinato anche a famiglie musulmane, così da non creare ghetti. Sul fronte dell’emergenza abitativa è impegnata anche la Custodia di Terra Santa che sta provvedendo alla graduale ristrutturazione di oltre 400 case situate nella Città Vecchia di Gerusalemme Est, quella ricompresa all’interno delle mura, con un esborso annuo di circa due milioni di dollari. “Una volta restaurate – spiega al Sir l’economo della Custodia di Terra Santa, padre Ibrahim Faltas – le case vengono date in uso gratuito alle famiglie più bisognose. Ora stiamo aspettando da cinque anni il permesso per edificare 24 nuovi alloggi a Beit Hanina, periferia di Gerusalemme, che si aggiungeranno ai 42 già esistenti. Come economo custodiale – aggiunge – ho seguito anche la costruzione di 72 appartamenti nell’area di Beit Faji”.
 
condividi su