Un aiuto del Papa ai bimbi dei campi profughi palestinesi
di Christophe Lafontaine | 2 luglio 2018
Nei giorni scorsi a New York la Santa Sede ha annunciato il versamento di 100 mila dollari in favore dell’Unrwa. L’agenzia Onu che assiste i profughi palestinesi è in emergenza finanziaria.
Tramite il nunzio apostolico Bernardito Auza, suo osservatore permanente presso il Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite a New York, la Santa Sede ha annunciato un versamento volontario in favore dei palestinesi. Monsignor Auza ne ha parlato nel corso di un intervento pronunciato il 25 giugno scorso alla conferenza dei Paesi donatori dell’Unrwa, l’agenzia Onu specializzata nell’assistenza ai profughi palestinesi. Il diplomatico pontificio ha reso noto che il Papa gli ha chiesto di trasmettere il suo contributo di 100 mila dollari per i progetti dell’Agenzia e in particolare a vantaggio dei bambini dei campi profughi.
Il gesto dà concretezza alle parole di incoraggiamento pronunciate da papa Francesco durante un’udienza concessa lo scorso marzo in Vaticano al commissario generale dell’Unrwa, Pierre Krähenbühl. Il Pontefice espresse in quell’occasione il «suo profondo rispetto per il lavoro e l’impegno dell’Unrwa». Parole non campate per aria, se si pensa che Bergoglio volle visitare anche un campo profughi vicino a Betlemme nel corso del suo viaggio in Terra Santa nel 2014.
Fondata nel 1949, l’agenzia Onu fornisce oggi assistenza nel campo dell’istruzione e della sanità a circa 5 milioni e mezzo di palestinesi registrati come profughi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, così come in Giordania, Libano e Siria. I beneficiari sono i superstiti o i discendenti delle centinaia di migliaia di persone che furono indotte a lasciare le loro case dalla prima guerra arabo-israeliana del 1948 e dalla nascita dello Stato di Israele.
Con le sue 711 scuole, sparse un po’ ovunque nei territori già citati, l’Unrwa garantisce istruzione a 525 mila allievi. Il 54 per cento del suo bilancio è appunto destinato all’istruzione.
L’Agenzia deve oggi far fronte a un deficit grave, intervenuto proprio quando «era sul punto di mettere in sicurezza il bilancio, adottando misure interne in ossequio alle raccomandazioni del segretario generale Onu», si è rammaricato Krähenbühl. Il deficit è dovuto alla riduzione, decisa nel gennaio 2018, di oltre l’80 per cento dei finanziamenti versati dagli Stati Uniti, che fino a quel momento erano stati il principale foraggiatore dell’organismo. La quota di 360 milioni di dollari quest’anno è stata ridotta a 60. Gli Usa chiedono una riforma dell’Unrwa e condizionano ogni futuro aiuto al ritorno dei palestinesi al tavolo negoziale con Israele.
Per arrivare a fine esercizio 2018 l’Unrwa ha bisogno ancora di 200 milioni di dollari, se vuole garantire l’aiuto d’urgenza ai profughi nel corso del secondo semestre. E ciò nonostante i fondi supplementari versati per compensare il taglio dei finanziamenti americani.
Davanti a una somma simile il contributo della Santa Sede è poco più che simbolico, ma il gesto ha una valenza morale. Ha osservato mons. Auza: «Fintanto che la sorte dei profughi palestinesi resterà incerta, l’Unrwa sarà indispensabile, perché il suo lavoro continua ad essere inestimabile per gli oltre cinque milioni di profughi che, senza il sostegno dell’Agenzia, vivrebbero in una disperazione ancora più grande». Il nunzio non ha esitato a ricordare che «la Santa Sede spera che, presto o tardi, una soluzione equa e duratura potrà essere trovata, per la ripresa dei negoziati sullo statuto finale tra le parti interessate, e orientata a raggiungere una soluzione a due Stati, con Israele e lo Stato di Palestina, capaci di vivere fianco a fianco nella pace e nella sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti».
Intanto l’Unrwa ha già previsto di ridurre alcuni programmi e di differire il pagamento dei salari al suo personale. Nelle scuole che gestisce potrebbe slittare l’apertura dell’anno scolastico. Gli istituti potrebbero addirittura restare chiusi, stando all’allarme lanciato dal presidente dell’Assemblea generale dell’Onu, lo slovacco Miroslav Lajcák.
Dall’inizio di quest’anno, comunque, l’Unrwa non è rimasta con le mani in mano davanti alla crisi finanziaria che la colpisce. Ha sviluppato, a tambur battente, «una strategia di mobilitazione delle risorse per evitare una crisi umanitaria ancor più grave nella regione e mantenere i propri programmi». Con la campagna internazionale La dignità non ha prezzo è stata lanciata una raccolta fondi anche tra i privati e sono arrivati versamenti dal Fondo centrale dell’Onu per gli interventi d’emergenza. È in corso anche l’istituzione di un fondo fiduciario presso la Banca mondiale. La Banca islamica per lo sviluppo sta a sua volta creando una dotazione su impulso dell’Organizzazione per la cooperazione islamica. «Con il tempo, penso che questi sforzi creeranno una base di finanziamento durevole per l’avvenire dell’Unrwa», ha commentato il segretario generale delle Nazioni Unite, il portoghese Antonio Guterres. «Ma questi sforzi innovativi – ammette Guterres – non basteranno a coprire totalmente il deficit di finanziamento per l’anno in corso».
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