Menu

TERRASANTA – (6 Giugno 2022)

Terra Santa: Pizzaballa (patriarca), come Chiesa di Gerusalemme “non siamo perseguitati, ma non possiamo dire di essere amati

“A Pentecoste nasce la Chiesa, e nasce qui, a Gerusalemme, nella nostra città. Tutte le Chiese sparse nel mondo sono originate dal ‘si’ a Cristo detto proprio qui a Gerusalemme da qualche pescatore e alcuni loro amici. Erano pochi, spaventati, impreparati, con idee profondamente diverse su Cristo, sulla sua missione e di conseguenza sulla loro. Erano anche perseguitati e incompresi dai più. Eppure, se siamo qui oggi, è per il ‘si’ detto da questi personaggi che umanamente non avrebbero potuto fare nulla di eclatante”. La Gerusalemme del tempo di Gesù paragonata a quella di oggi: a tracciare questa somiglianza è stato ieri Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, celebrando la messa di Pentecoste nel monastero benedettino della Dormizione, a Gerusalemme. “Sembra la descrizione della nostra Chiesa di Gerusalemme oggi: siamo pochi e senza alcun potere umano, divisi in tante chiese diverse, con idee profondamente diverse sulla missione della Chiesa, sulla politica e su molte altre cose. Non siamo perseguitati, ma certo non possiamo nemmeno dire di essere amati. Non abbiamo un grande slancio missionario di annuncio. A volte sembriamo più simili ai discepoli ancora chiusi nel cenacolo per paura, più che a Pietro che con parresia annuncia a tutti che Cristo è il Signore. Abbiamo allora davvero bisogno dello Spirito, di quella potenza che può venire solo dall’alto che ci renda capaci di ridiventare cristiani, costruttori di un nuovo modo di vivere. Abbiamo bisogno che Gesù soffi di nuovo il Suo Spirito su di noi e ci faccia creature nuove, capaci di gioire, di perdonare, di fare di noi una comunità unita nell’amore di Cristo, di vivere e testimoniare la pace tra noi, prima ancora che chiederla per gli altri”. Per Pizzaballa questa è “la testimonianza che ci viene chiesta oggi: tornare ad essere testimoni dell’amore di Dio, che qui si è manifestato nella persona di Cristo, e che oggi si manifesta nella Chiesa, nella nostra comunità, chiamata ad essere luogo di incontro tra cielo e terra, tra Dio e l’umanità. Non ci viene chiesto di fare grandi cose. I pescatori di Galilea, diventati apostoli, non hanno fatto grandi cose. Ma avendo fatto esperienza di gioia, pace, perdono e soprattutto di amore, hanno attirato a sé una moltitudine di gente, e creato attorno a sé comunità di credenti. A noi oggi viene chiesta la stessa testimonianza. Prima ancora che impegnarsi in progetti, strategie, percorsi e costruzioni fisiche o di altro genere, siamo chiamati a dire con la nostra vita che Gesù è il Signore, il Kyrios, e lo abbiamo incontrato”. Nel contesto sociale e politico di Gerusalemme, “così lacerato e fragile, dove sembra prevalere la logica del possesso e dell’esclusione” ha ribadito il patriarca latino, “la Chiesa è chiamata ad annunciare la forza del ‘noi’, dell’unità, di un amore che si dona gratuitamente, di un perdono che sa ricreare relazioni interrotte, di una pace che non è di questo mondo, ma che può donare gioia vera a questo mondo. Non è impossibile, non sono frasi fatte, non si tratta di discorsi utopici, impossibili da realizzare. La Pentecoste è proprio questo: scoprire di avere in noi una forza che non è solo nostra, che ci è donata, è l’amore di Dio, manifestato nella croce di Cristo e che nella Chiesa ancora oggi ci raggiunge e che può rendere possibile l’impossibile”.

condividi su