TERRORISMO/ITALIA – ( 16 Gennaio 2015 )

L’OPINIONE DEL TERRITORIO

Il terrorismo fa paura. Le prime pagine dei giornali diocesani
 
I settimanali cattolici, in uscita in questi giorni, s’interrogano sulle stragi compiute dai terroristi in Francia e anche sulla libertà di espressione. “Il terrorismo – rilevano le testate Fisc – va affrontato a livello internazionale, con estremo senso di responsabilità da parte di tutti”
Gigliola Alfaro

 
“Gli attentati di Parigi ci hanno colpito al cuore. Ancora una volta ci sentiamo improvvisamente indifesi”. I giornali aderenti alla Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici), in uscita in questi giorni, s’interrogano sulle stragi compiute dai terroristi in Francia e anche sulla libertà di espressione. “Il terrorismo – rilevano le testate Fisc – va affrontato a livello internazionale, con estremo senso di responsabilità da parte di tutti”. Tra gli altri argomenti affrontati dai settimanali: le elezioni del presidente della Repubblica italiana e la vita delle diocesi. Proponiamo una rassegna degli editoriali giunti ad oggi in redazione.

Gli attentati in Francia. “Sono bastate poche ore per far piombare nel terrore non solo la capitale francese ma un intero continente e far temere sulle possibilità di dialogo con l’islam”. È un pensiero che accomuna gli editoriali dei giornali in uscita in questi giorni. “Il terrorismo islamico non è problema francese o dei singoli Paesi; è questione del mondo libero: per questo la difesa dalla violenza va fondata sulla collaborazione internazionale tra le polizie e i servizi antiterrorismo, senza mai lasciare cadere la guardia. E senza chiudere gli occhi di fronte a quei Paesi musulmani che finanziano il terrorismo, mentre fanno affari con i Paesi occidentali. L’Occidente deve snidare quei governi dalla doppia politica di amicizia pubblica con il nostro mondo e di sotterraneo sostegno alla violenza”, chiarisce Vincenzo Rini, direttore della Vita Cattolica (Cremona). “La tragedia ha scosso l’Occidente e lo ha ancora una volta smaccatamente posto di fronte ai suoi limiti, non solo di vulnerabilità strutturale, quanto soprattutto culturali e valoriali: la perdita di senso, l’annacquamento dei valori basilari, la dignità umana sperperata, il dominio dell’economia, l’identità giudaico cristiana volutamente sfigurata, la demolizione sistematica di riferimenti ideali validi…”, rileva Luigi Sparapano, direttore di Luce e Vita (Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi). “A guardare i fatti che sono accaduti ultimamente e che continuano in un crescendo impressionante c’è da rabbrividire, ma non si può andare alla cieca. Bisogna che la politica intelligente e responsabile faccia la sua parte esaminando i problemi, affrontando i pericoli e il diffondersi del terrorismo con misure adeguate; bisogna che gli stati della democrazia siano realmente uniti nella volontà di sconfiggere il terrorismo; bisogna che le realtà culturali interessate, come le moschee presenti sul territorio, facciano chiarezza”, rileva Bruno Cappato, direttore della Settimana (Adria-Rovigo). “La tentazione, di fronte a tragedie di tali proporzioni, è quella di chiuderci in noi stessi: nel nostro mondo, nelle nostre case, anche nelle nostre chiese. Un desiderio comprensibile, visto il momento che stiamo vivendo. Ma sarebbe un errore. Mettere in discussione il trattato di Schengen sulla libera circolazione è un inutile esercizio dialettico”, ammette Alessandro Repossi, direttore del Ticino (Pavia). Dopo la strage di Parigi, occorre “separare chiaramente e definitivamente l’islam integralista da quello moderato, con tutti i mezzi possibili. Combattere il primo, senza paura, anche a livello internazionale (con il supporto dell’Onu) per metterlo in un angolo e renderlo innocuo; dialogare e collaborare con il secondo”, suggerisce Giorgio Zucchelli, direttore del Nuovo Torrazzo (Crema). In realtà, fa notare Giovanni Tonelli, direttore del Ponte (Rimini), “un vero musulmano osservante non è un terrorista, né un fondamentalista. Nei 15 anni che i musulmani sono stati ospiti della mia parrocchia, se qualche problema l’abbiamo avuto, non è mai stato con i più credenti, ma con quelli senza più religione”. Concorda l’Avvenire di Calabria (Reggio Calabria-Bova): “Bisogna distinguere non solo tra il tratto libero di una matita e il peso di morte dei proiettili di un kalashnikov, ma anche tra una comunità di credenti musulmani, che nulla ha a che vedere con la violenza, e i terroristi fondamentalisti che, in nome di Allah, uccidono e si fanno uccidere illudendosi di diventare martiri, facendo scorrere il sangue di innocenti”. “Fronteggiare il terrorismo significa voler scongiurare nuove forme di violenza e di manifestazioni terroristiche capaci di nuove stragi e disordini”, afferma Pierluigi Sini, direttore della Voce del Logudoro (Ozieri). Secondo Walter Lamberti, direttore della Fedeltà (Fossano), “nulla può giustificare l’uccisione di un altro uomo. Un appello che non può e non deve lasciare indifferenti. E che deve interpellare tutti”. Luciano Sedioli, direttore del Momento (Forlì-Bertinoro), denuncia l’ipocrisia: “Mentre domenica 11 gennaio in tv scorrevano le immagini da Parigi sulla grande manifestazione in difesa della libertà a cui hanno partecipato 2 milioni di cittadini e 50 capi di Stato, la mente è andata alla città di Baqa, in Nigeria, dove 2mila persone sono state sterminate dagli integralisti di Boko Haram, nel silenzio e nell’indifferenza generale. Ho pensato che molti dei 50 capi di stato che a Parigi marciavano commossi, governano Paesi che esportano armi alimentando così guerra e terrorismo”. Anche Davide Maloberti, direttore del Nuovo Giornale (Piacenza-Bobbio) si chiede: “Perché i riflettori del mondo intero, accesi giustamente su Parigi, si spengono quando al centro della scena vengono inquadrati i tanti poveri che ingiustamente nel mondo sono sfruttati o i cristiani in fuga dai Paesi a maggioranza musulmana? Non è guerra anche questa? Il loro è un nuovo esodo che sembra non avere fine. E non è guerra l’estremismo dell’organizzazione Boko Haram che in Nigeria usa degli ignari bambini come kamikaze per compiere terribili stragi?”. “Nel mio dolore per quanto successo a Parigi ho trovato molto vere le parole di Papa Francesco al corpo diplomatico di lunedì 12 gennaio scorso”, quando ricordando “la tragica strage avvenuta a Parigi” ha sottolineato che “gli altri non sono più percepiti come esseri di pari dignità, come fratelli e sorelle in umanità, ma vengono visti come oggetti”, afferma Vincenzo Finocchio, direttore dell’Appennino Camerte (Camerino-Sanseverino Marche). Di fronte agli ultimi eventi terroristici, in Francia come in Nigeria, per Paolo Lomellini, editorialista della Cittadella (Mantova), è chiaro “che nessuno ha una soluzione semplice ed efficace su come far convivere e gradualmente armonizzare queste diversità così profonde distribuite a livello mondiale”, ma “dobbiamo avere il coraggio di camminare su terreni difficili e inesplorati”. Una risposta per Vincenzo Tosello, direttore di Nuova Scintilla (Chioggia) è il “dialogo sempre; non contrapposizioni che portano a incomprensioni e violenze, nel cui ambito vanno incluse anche le ‘bestemmie’ di ogni tipo (comprese quelle satiriche) e le provocazioni gratuite e insistite. Anche chi non crede non ha diritto a bestemmiare alcun dio dell’altro se vuole avere e ricevere rispetto”. Guglielmo Frezza, direttore della Difesa del Popolo (Padova), ricorda che Papa Francesco, nel suo messaggio per la Giornata del migrante e del rifugiato che la Chiesa celebra questa domenica, “sottolinea come il tema delle migrazioni non possa andare separato da una riforma dei meccanismi economico-finanziari che sono tanta parte dei persistenti squilibri planetari, di cui è impossibile non cogliere il peso anche nell’emergere di esecrabili pulsioni fondamentaliste”. Ispirandosi al libro “Sottomissione” del romanziere francese, Michel Houellebecq, Giordano Frosini, direttore della Vita (Pistoia), osserva che il peccato dell’Occidente è il fatto che “esso ha spazzato via anche i valori fondamentali che nel passato avevano illuminato il cammino del vecchio continente, che anzi da esso erano partiti per raggiungere il mondo intero”. Secondo l’Araldo Abruzzese (Teramo-Atri), “dobbiamo riconoscere il fallimento delle visioni multiculturaliste che, in nome di un falso irenismo e di una distorta interpretazione della tolleranza, hanno permesso che si creasse un arcipelago di interessi, di spazi culturali, etnici, religiosi, tutti autonomi tra loro”. Il Nuovo Diario Messaggero (Imola) risponde a Umberto Eco, che ha sostenuto che “gli uomini si sono sempre massacrati per un libro”: “Le guerre hanno sempre accompagnato, da millenni, la storia umana, ben prima che apparissero sulla scena le religioni del libro”.

Libertà di espressione. La strage di Parigi è anche occasione per riflettere sulla libertà di espressione. Su Verona Fedele (Verona) il vescovo Giuseppe Zenti pone l’attenzione sulla “rivendicazione del diritto alla libertà di espressione, anche sotto forma di satira; anzi, il diritto ‘di dissacrazione, di blasfemia’! Allucinante, in una cultura della laicità matura, intrisa di democrazia. Il clima culturale evocato è quello della barbarie, nella quale non c’è diritto di cittadinanza per il rispetto delle persone e della loro sensibilità, umana e religiosa, che pure fa parte dell’identità personale”. Anche Sandro Vigani, direttore di Gente Veneta (Venezia), osserva: “Noi non siamo Charlie! Non abbiamo condiviso, con quanti hanno manifestato in questi giorni, la strenua difesa di una certa libertà di stampa e d’informazione e non ce la sentiamo di fare delle orrende stragi di Parigi l’emblema di un crimine assoluto contro la libertà di stampa. Vogliamo essere chiari perché non vorremmo che al nostro pensiero fossero attribuite sfumature ambigue: non saremo noi giornalisti a invocare leggi che limitino la libertà d’informazione, una delle più grandi conquiste del mondo occidentale”, ma “è proprio vero che la satira non può avere per sua natura alcuna limitazione, deve godere della libertà assoluta di espressione? La satira di giornali come Charlie Hebdo è veramente e sempre espressione di libertà?”. Anche Francesco Zanotti, direttore del Corriere Cesenate (Cesena-Sarsina), si pone alcune domande: “Con la satira si può dire tutto, si è sentito affermare. Si può, anzi si deve andare oltre certi limiti proprio perché la satira non avrebbe limiti. Io invece mi chiedo: può essere violenta, può offendere, può essere blasfema? Si può trasformare in bestemmia? Si invoca la libertà di pensiero e si mischia a quella di stampa. Ci vogliono le stragi per invocare certe libertà? E ancora: non deve avere argini questa libertà?”. Per Gianpiero Moret, direttore dell’Azione (Vittorio Veneto), “la satira è un modo efficace per mettere a nudo i mali della vita umana”, ma “bisogna usare il massimo della responsabilità per individuare il confine tra la denuncia del male e l’offesa gratuita. Non penso che in questo modo si indebolisca la lotta contro il terrorismo islamico che deve, invece, continuare, implacabile”. “Per difendere la libertà, anche di satira, non come spettatori di ciò che accade, ma da protagonisti, dovremo creare nuove occasioni per confrontarci con le parole che da decenni stiamo scrivendo nelle carte dei diritti dell’uomo e nelle nostre costituzioni”, osserva RisVeglio Duemila (Ravenna-Cervia). Per Roberto Busto, direttore della Vita Casalese (Casale Monferrato), “la mia libertà finisce quando nega o viola la libertà degli altri. Altrimenti è licenza, cioè prepotenza, disprezzo degli altri, quindi indecenza, fanatismo e totalitarismo”. Mario Barbarisi, direttore del Ponte (Rimini), dice: “Nel vedere le vignette del giornale francese Charlie Hebdo abbiamo notato che alcune di esse esprimono una satira non sempre condivisibile. Non condividiamo il fatto che solo perché gli autori siano stati barbaramente uccisi si debba dar luogo ad una serie di manifestazioni di solidarietà mediatiche a tutti i costi”, quindi “noi non siamo Charlie ma condanniamo, come abbiamo sempre fatto, ogni forma di violenza contro la persona”. Per l’Eco del Chisone (Pinerolo), “la laicità dell’informazione è un bene tanto prezioso, fondante per una società dei diritti, quanto precario”. E Martino Cervo, direttore del Cittadino (Monza e Brianza), evidenzia: “Mai come in questi giorni si vede gente col giornale in mano”.

Dimissioni Napolitano. C’è spazio anche per qualche riflessione sulle dimissioni del capo dello Stato. Luca Sogno, direttore del Corriere Eusebiano (Vercelli), sottolinea: “Anche l’elezione del presidente della Repubblica è specchio di una Nazione. Difficile sperare in scelte che siano espressione di unità se il Paese è lacerato e diviso. Forse anche la politica (e non solo) dovrebbe iniziare a lavorare su questo elemento di fondo”. Stefano Fontana, direttore di Vita Nuova (Trieste), scrive: “Giorgio Napolitano ha avuto due primati: è stato il primo comunista a presiedere la Repubblica Italiana e il primo presidente a venire rieletto per un secondo mandato”. Secondo Antonio De Caro, direttore di Fermento (Amalfi-Cava de’ Tirreni), “il prossimo esame politico sarà l’elezione del capo dello Stato e le premesse non sono certamente rassicuranti, con tanti nomi che circolano”. Uno sguardo alla situazione politica italiana offre, invece, Raffaele Mazzoli, direttore del Nuovo Amico (Pesaro-Fano-Urbino): “La crisi in atto, che sorprende brutalmente i cittadini, dovrebbe stimolare la fantasia nel ricercare modalità e vie nuove per uscirne e l’emergenza povertà-lavoro costringere i partiti a far rientrare nel discorso la negletta morale per dare uno scossone all’annoso problema della questione sociale e delle riforme”.

Attualità ecclesiale. Non manca l’attualità ecclesiale. Emmaus (Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia) scrive riguardo le critiche che circolano su alcuni media nei confronti del Pontefice: “Credo si debba cercare la risposta in due direzioni: la prima riguarda l’avversione al cambiamento, che è sempre in agguato nelle cose di Chiesa; la seconda ha a che fare con un’idea tutta istituzionale e formale del ministero papale, come non si trattasse di una missione apostolica affidata a un uomo che l’interpreta nell’ascolto dello Spirito e nel vivo della storia, ma di un ruolo già tutto normato e definito che l’eletto dovrebbe limitarsi a impersonare nel rispetto di ogni consuetudine”. “Vivendogli accanto percepivo la sua grande capacità di essere misericordioso, di stare dalla parte dei poveri, di non essere mai banale e non dare mai niente per scontato, di avere parole di incoraggiamento per tutti e con me, di essere capace, anche, di paterni rimproveri”. Così Marino Cesaroni, direttore di Presenza (Ancona-Osimo) racconta l’emozione per la nomina a cardinale dell’arcivescovo Edoardo Menichelli. “Il volto e il cuore giovane di monsignor Anselmi sapranno valorizzare il volto giovane della Chiesa genovese e quindi contribuire al suo futuro”, sottolinea Silvio Grilli, direttore del Cittadino (Genova), ricordando il “dono”, fatto da Papa Francesco, con la nomina di monsignor di Nicolò Anselmi a vescovo ausiliare della diocesi di Genova. L’Ora del Salento (Lecce) ricorda che la Chiesa di Lecce è in festa per la concelebrazione presieduta dall’arcivescovo Domenico D’Ambrosio nel XXV di ordinazione episcopale. Lo Scudo (Ostuni) rammenta che prima di Natale “l’arcivescovo di Brindisi-Ostuni monsignor Domenico Caliandro ha visitato la nostra sede e incontrato la nostra redazione e i collaboratori del giornale”. La Gazzetta d’Asti scrive della presenza del vescovo di Vercelli, monsignor Marco Arnolfo, alla festa del seminario. La Voce Alessandrina (Alessandria) evidenzia che “il cammino verso il prossimo convegno ecclesiale di Firenze è entrato nel vivo anche per la nostra diocesi”. Voci e Volti (Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo), parla delle difficoltà che sta vivendo “la nostra terra garganica”, “toccata da una crisi grave che si fa sentire pesantemente. Le nostre Caritas sono al collasso”.

Il testo originale e completo si trova su:

http://www.agensir.it/sir/documenti/2015/01/00303226_il_terrorismo_fa_paura_le_prime_pagine_de.html

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