
Tunisia: il presidente Saied scioglie il parlamento
Marco Guerra – Città del Vaticano
Kais Saied ha comunicato la sua decisione durante una riunione del “Consiglio di sicurezza nazionale” da lui presieduto. “Annuncio oggi, in questo momento storico, lo scioglimento dell’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo per preservare lo Stato e le sue istituzioni e per tutelare il popolo tunisino”, ha detto Saied in un video diffuso dalla presidenza. Il capo dello stato ha poi rincarato la dose, annunciando la decisione di perseguire alcuni deputati per complotto alla sicurezza e avvertendo che ogni ricorso alla violenza sarà contrastato.
La riunione dei deputati
Poche ore prima 120 membri del parlamento avevano sfidato Saied, convocando una riunione online, nella quale avevano votato per revocare il suo colpo di mano dello scorso luglio e le misure eccezionali in vigore, accusate di bloccare il processo democratico. Il presidente tunisino, eletto alla fine del 2019, ha assunto i pieni poteri lo scorso 25 luglio, dopo mesi di stallo politico, destituendo il primo ministro e sospendendo il Parlamento dominato dal partito di ispirazione islamista Ennahdha. L’opinione pubblica sembra spaccata, mentre si avvicinano il voto degli emendamenti alla costituzione previsto in estate e le elezioni anticipate del prossimo dicembre.
Louassini: c’è il rischio di una deriva autoritaria
“La decisione del presidente Saied avviene in un momento difficile per la Tunisia, va letta soprattutto come una risposta ai parlamentari di Ennahdha vicini alla fratellanza musulmana”, spiega a VaticanNews il giornalista esperto dell’area, Zouhir Louassini, che poi contestualizza la mozza del capo dello Stato nel quadro della crisi economica che attanaglia il Paese del Nord Africa. “Molte cose che ha fatto Saied sembrano dei passi indietro rispetto al diritto costituzionale tunisino – prosegue Louassini –, ma ci sono anche persone che lo appoggiano perché convinte che la Tunisia fosse arrivata ad un tale livello di disordine che fosse necessaria una svolta per “aggiustare il tiro” della democrazia”. Secondo il giornalista c’è quindi il rischio di una deriva autoritaria e riferisce che molti osservatori vedono “un ritorno all’ancien regime” simile al potere del presidente deposto Ben Ali.
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