TUNISIA – (7 Settembre 2016)

Tunisia: timori per il rientro dei jihadisti dell’Is da Sirte

Il ministro della Difesa tunisino, Farhat Horchani - AFP

Il ministro della Difesa tunisino, Farhat Horchani – AFP

Sarebbero circa un migliaio i tunisini combattenti inseriti, attualmente, nel cosiddetto Stato Islamico e sono loro, in fuga dalla loro roccaforte libica Sirte, a costituire la principale minaccia per la stessa Tunisia, dove potrebbero rientrare in massa. L’allarme è arrivato dal ministro della difesa tunisino Farhat Horchani, che ha anche stigmatizzato l’assenza di una politica di sicurezza regionale.  Francesca Sabatinelli ha intervistato Luciano Ardesi, scrittore esperto di questioni nordafricane:

R. – La Tunisia ha appena cambiato il governo (il nuovo esecutivo di unità nazionale guidato da Youssef Chahed ha ottenuto la fiducia lo scorso 27 marzo ndr) e la lotta al terrorismo rimane una priorità. Ricordo che la Tunisia è il Paese che più di tutti ha contribuito alle fila dei foreign fighters, tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015, con circa settemila tunisini arruolati nell’Is. Una parte sono usciti direttamente dalla Tunisia per unirsi ai combattenti in Libia, ma ormai tutta l’area è a rischio di destabilizzazione. Sappiamo che a Sirte i jihadisti sono stati sconfitti, ma rimangono ancora diverse unità attive e combattenti, e ora il  rischio è che ripieghino sia in Tunisia, che in Algeria e, soprattutto, nel Sud, nel Sahara, dove ci sono già i primi sintomi di una ripresa dell’Is. E’ in questa zona c’è stato un attacco alla frontiera tra il Niger e il Bukina. Quindi, è un rischio reale che si sta concretizzando via via che l’Is sta perdendo terreno in Libia.

D. – Il ministro della difesa tunisino ha deplorato – se così vogliamo dire – quella che ha definito “l’assenza di una politica regionale di sicurezza” …

R. – Sicuramente manca una politica generale anche perché, probabilmente, mancano le condizioni. Si dovrebbero poter riunire i governi dei Paesi della regione per discutere misure efficaci e concordate, ma sappiamo che in Libia il governo fa ancora fatica ad esercitare un effettivo potere sul suo Paese, mentre gli altri Paesi sono tutti preoccupati, in primo luogo, a gestire la propria sicurezza interna perché, oltre al fenomeno dei combattenti stranieri, c’è ancora radicato, nella stessa Tunisia del resto, un terrorismo che è meramente del Paese, quindi radicato esclusivamente nel Paese. Quindi, i governi di quella regione fanno fatica ad avere uno sguardo più ampio e si accontentano di misure di emergenza, come, ad esempio, cercare di rafforzare la sorveglianza. Ci vorrebbe invece una strategia sul lungo periodo per sconfiggere il terrorismo che non può contemplare solo l’opzione armata, anche se in questo momento rimane imprescindibile.

D. – E anche su questo è intervenuto sempre Horchani, che ha definito “una guerra totale” quella contro il terrorismo, spiegando che non va trattato solo sotto il profilo militare ma anche sotto il profilo culturale, dell’educazione dei giovani, per far capire che l’islam ovviamente non è quello che uccide. Quanto, questo discorso potrebbe agire, potrebbe penetrare, nella società tunisina oggi?

R. – La Tunisia già da tempo, e anche prima della cosiddetta “Rivolta dei gelsomini”, aveva tentato di orientare la propria cultura – soprattutto l’educazione delle nuove generazioni – in un senso più laico, più attento ai valori fondamentali dell’islam. Ora tutto questo è contrastato dal fatto che ci sono correnti politiche, partiti politici che fanno parte delle coalizioni di governo, che invece spingono verso un pensiero fondamentalista che penetra sì attraverso l’educazione, ma anche attraverso i mass media e le moschee. Da questo punto di vista il nuovo governo, quello eletto nelle prime elezioni democratiche del Paese, ha tentato di mettere sotto controllo le moschee e di impedire agli imam di sostenere discorsi eversivi. Sarà ovviamente un’azione, quella che bisognerà compiere, temo sul lungo periodo,  perché è un’azione molto delicata che coinvolge equilibri di tipo sociale, culturale, ma anche politico. E nella nuova coalizione di governo i fondamentalisti sono più forti e più presenti.

Il testo originale e completo si trova su:

http://it.radiovaticana.va/news/2016/09/07/tunisia_timori_per_il_rientro_dei_jihadisti_is_da_sirte/1256450

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