Le aperture di Erdogan non soddisfano il partito curdo di Turchia




R. – Aperture in senso molto relativo. Mi sembra che il tratto saliente – quello che concerne la libertà di indossare il velo per le donne che lavorano negli uffici pubblici – sia unaltra misura che va nella direzione della reislamizzazione della società turca. Si colloca quindi in perfetta continuità con quella serie di provvedimenti che nella scorsa estate avevano poi provocato le proteste dei giovani e dei kemalisti nelle maggiori città della Turchia. Non vedo una vera svolta sotto questo punto di vista, ma soltanto laccentuazione di un percorso che mi pare chiaramente delineato.
D. Parliamo in particolare delle richieste dei curdi: cè quella di studiare in lingua curda nelle scuole pubbliche ed Erdogan risponde con il permesso nelle scuole private; poi una maggiore autonomia nellamministrazione del Kurdistan Sono possibili passi nel processo di pace con il Pkk?
R. Sono possibili, anche probabili, se la controparte accetta. Del resto, anche questo mi sembra piuttosto in linea e del tutto organico rispetto ad un processo di trasformazione dellidentità della Turchia, che sembra accompagnare tutta la vicenda politica dellAkp. Se la Turchia esce dalla tradizione del kemalismo tradizione della piccola Turchia Stato nazionale e rilancia invece la Turchia come centro di unentità politica neo ottomana quindi multinazionale, una coesistenza della nazione turca con quella curda allinterno della Stato fondato da Ataturk, ci sta perfettamente. Credo che tutto questo sia piuttosto logico rispetto a tutta limpostazione di un progetto.
D. Possiamo contestualizzare a livello geopolitico quanto sta accadendo in Turchia?
R. Sicuramente la Turchia gioca un ruolo da protagonista anche se le vicende dellultimo anno e mezzo hanno un po ridimensionato il suo ruolo su quanto sta accadendo nella regione. Credo che lelemento più importante della dinamica che stiamo osservando è laffermazione in Iran di una leadership riformista che può raccogliere finalmente lappello al dialogo lanciato dal presidente Obama già nel giugno del 2009 ed al quale evidentemente si oppongono quei Paesi che non hanno interesse che la riconciliazione tra Teheran e Washington prenda corpo; penso in particolare allArabia Saudita. Mi preoccupa in parte ma comunque meno anche latteggiamento israeliano: Israele teme che da una riconciliazione tra gli Stati Uniti e lIran possa derivare una condizione di isolamento e di indebolimento del proprio rapporto con gli Stati Uniti. Credo però che, opportunamente rassicurato, Israele alla fine possa anche accettare questo corso; mentre questo corso rappresenta una minaccia straordinaria per lArabia Saudita.
D. Ci spiega meglio perché lArabia Saudita è minacciata?
R. – LArabia Saudita è sicuramente preoccupata dallidea che gli Stati Uniti possano avere un secondo Paese come punto di riferimento nella regione del Golfo. LIran, per peso demografico e posizione, avrebbe poi un peso geopolitico decisamente superiore a quello che è in grado di rappresentare lArabia Saudita.