TURCHIA – ( 3 Giugno )

Mons. Padovese, 4 anni dopo la morte una testimonianza viva

2014-06-04 Radio Vaticana

Ricorre oggi il quarto anniversario dell’uccisione ad Iskenderun, in Turchia, di mons. Luigi Padovese, vicario Apostolico dell’Anatolia, per mano del suo autista affetto da disturbi psichici. Per una testimonianza sulla figura del presule, Antonella Palermo ha intervistato il padre cappuccino Paolo Raffaele Pugliese, che ha vissuto in Turchia per quattro anni dal 2009:

R. – Io mi trovavo a Izmir, l’antica Smirne, ed ero lì con un confratello. Verso le 3 del pomeriggio ci telefonarono per darci questa notizia terrificante, che ci lasciò decisamente a pezzi. Noi avevamo visto Padovese da poco: ad aprile, infatti, aveva avuto questa idea di organizzare un incontro di una settimana per tutti i religiosi della Turchia. Era stata un’occasione molto bella, della quale lui era stato l’ideatore e il promotore. E poi, quattro anni fa, il 3 giugno era un giovedì e la domenica ci saremmo dovuti rivedere, noi Cappuccini e lui, proprio per una settimana di esercizi, di riflessioni guidate da lui. Questo per farvi capire la prossimità che vivevamo.

D. – In quattro anni, secondo la sua esperienza, cosa si è mosso sul fronte del dialogo interreligioso nel Paese?

R. – Ci sono dei segni che pian piano germogliano e credo ci siano anche delle sensibilità che stanno maturando. Credo, spero, che anche questi eventi un po’ più faticosi da digerire possano pian pianino essere dei semi, dei germogli. Da un punto di vista ecumenico, per esempio – adesso dirò una cosa semplice – al funerale di mons. Padovese c’erano un po’ tutti i cristiani della zona. Cioè tutte le confessioni – protestanti e ortodosse – erano presenti: in seguito a un evento così drammatico ci si compatta tutti. Ed erano presenti non solo le varie confessioni cristiane, ma anche i mufti della zona. Coltivare inoltre la memoria di questi eventi, aiuta a mantenere la compattezza.

D. – Mons. Padovese auspicava uno sforzo comune per un maggior rispetto, frutto di una chiarificazione di pensiero e di approfondita conoscenza reciproca tra cristiani e musulmani…

R. – C’è un fatto che credo sia molto importante: prima di ogni parola, ci sono coloro che danno quella parola, no? Prima di un dialogo teologico c’è una convivenza di persone, che eventualmente possono fare questo dialogo e quella convivenza è in sé portatrice di un significato molto profondo. La terra turca è stata per centinaia di anni una terra che ha ospitato tante confessioni cristiane, anche antichissime. Questo, per dire come la Turchia porti ancora con sé un tesoro molto grande.

(Tratto dall’archivio della Radio Vaticana)

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