Che cosa significa per lei essere fratello di un martire della fede?
Se devo essere onesto prima della sua morte, non ero così convinto che fosse un grande. Tante cose le ho scoperte dopo la sua morte. Aveva nel cuore la pace nel mondo per cui mi ha lasciato un messaggio e uneredità molto forti. Dalla sua testimonianza ho deciso di continuare la sua opera.
Ha paura?
Sì, cè un po di paura. Siamo essere umani. Però penso che se uno fa delle scelte, la paura viene messa da parte. Non si può avere la pace, senza rischiare.
Chi era Shahbaz Bhatti?
La sua morte ci ha lasciati scossi, afflitti. Il Pakistan ha perso un leader coraggioso. Con la sua morte il mondo ha perso un attivista coraggioso di Cristo. Io ho perso un fratello, un amico, un collega. La sua missione era liberare i cristiani dagli artigli della persecuzione religiosa. Era stare accanto ai poveri e agli emarginati. Era costruire una società in cui tutti potessero vivere insieme in armonia e con pari dignità. Ed era pronto a morire per queste idee.
Crede che ci sia speranza per il Pakistan?
Sì. Io ne sono convinto. Basta intraprendere la strategia giusta, lavorare con la gente giusta. Non si può lasciare. È vero quando si dice che perdere la speranza è un peccato. Perciò io non perdo la speranza. Continuo a credere che con il coinvolgimento del mondo e con lopera intrapresa da mio fratello che ha sensibilizzato la comunità locale e internazionale, possiamo arrivare ad alcuni obiettivi importanti.
Il presidente della Repubblica federale tedesca le ha rivolto un saluto particolare e le ha detto: Siamo accanto a lei. Come vuole che il mondo le sia accanto?
Vorrei essere appoggiato per la nostra lotta per la pace, per il nostro impegno contro ogni forma di odio, intolleranza, discriminazione.
Ma concretamente come?
Abbiamo fondato una Fondazione (www.sbmt.org intitolata a mio fratello Shahbaz) i cui obiettivi sono la lotta contro la povertà, perché nel nostro Paese i cristiani sono i più poveri e i più marginalizzati. Quindi lotta per leducazione e promozione di dialogo interreligioso. La Fondazione ha poi avviato progetti per le cure sanitarie primarie. La Fondazione è nata dal fatto che avendo cariche politiche e governi instabili si rischia di far perdere continuità ai progetti avviati.
Perché ha partecipato allincontro di Monaco di Baviera?
Conosco la Comunità di SantEgidio perché erano in contatto con mio fratello. Con lui avevano avviato una collaborazione costante e, subito dopo la sua morte, ho cominciato a conoscerli e ad approfondire, condividendo con loro obiettivi e modo di agire. Compito loro e obiettivo anche nostro è di diffondere la pace nel mondo e alzare la voce contro la discriminazione e la violenza. Venire a questo incontro significa dare un messaggio: vivendo insieme e ascoltando i problemi anche di chi ci odia, è possibile raggiungere un accordo per una soluzione di pace.
a cura di Maria Chiara Biagioni, inviata SIR a Monaco di Baviera
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