



R. – Se vogliamo evitare il peggio, se davvero la guerra è una avventura senza ritorno, bisogna mettere in campo tutto quello che può favorire unuscita dal conflitto e non un acuirsi dello scontro, cercando di essere dalla parte delle vittime, cercando di dialogare con tutte le parti in conflitto. Credo che anche la Siria, nella attuale confusione, non debba essere letta soltanto in chiave bellica, nel senso di dire unicamente appoggiamo gli insorti o appoggiamo il regime, armiamo luno o armiamo laltro; dobbiamo, invece, cercare strade diverse, che non parlino solo di armi.
D. – Secondo lei, servirebbe a qualcosa se il presidente Assad facesse un passo indietro, ovvero accettasse unuscita incruenta dallo scenario politico siriano?
R. – Senza dubbio servirebbe, ma forse dovremmo metterlo nelle condizioni di operare una scelta del genere, facendo tutti un passo indietro dalla logica di guerra e indicando anche altri percorsi e altre strade.
D. – Purtroppo sembra rimanere in secondo piano, nel dibattito internazionale, quello che è il crescente dramma umanitario
R. – Sì. Credo che, come credente, sia doveroso dire: Mettiamo in evidenza il dramma delle vittime, dei profughi e da lì leggiamo la situazione. Proprio da lì la dobbiamo partire, non dalle stanze dei potenti.
D. – Brilla, comunque, lesempio di un Paese in difficoltà per la crisi economica globale, ma anche per suoi problemi interni, come la Giordania, dove i profughi vengono aiutati dalla popolazione civile. Questo della solidarietà potrebbe essere, in questo momento, un messaggio da rivolgere al mondo intero?
R. – Sicuramente. La Giordania, già altre volte, come nei confronti dei profughi dellIraq, si è dimostrata solidale. Il fatto che persone che non sono ricche, condividano e si facciano carico di altre persone, credo sia un messaggio positivo, ma probabilmente questa è anche la strada giusta da percorrere. A volte siamo un po infastiditi da unimmigrazione che combattiamo non sempre con umanità Dalla Giordania, invece, ci viene lesempio che quando si è in difficoltà non si fanno calcoli, ma si apre la porta! Forse tutti noi, i credenti per primi, dovremmo lasciarci interrogare da questi messaggi e capire che, forse, al di là delle diplomazie, questo è il percorso da fare: mettersi in cammino e condividere. O ci salviamo insieme o non si salva nessuno!