

R. Queste elezioni erano attese, erano lalternativa a tutto quello che è successo intorno a noi. Si temeva un cambio – poteva succedere di tutto – ma visti i risultati vedo che il Paese piuttosto ha preferito la continuità e la stabilità. Noi come Chiesa, come cristiani, siamo tutti stranieri, quindi rispettiamo quello che il popolo ha scelto, quello che lAlgeria vuole per sé. Accettiamo le scelte del popolo e andiamo avanti anche noi, come Chiesa.
D. Lei ha fatto cenno a quello che è accaduto nello scorso anno nella regione, quella che è nota come primavera araba. La Chiesa algerina come ha vissuto questi sommovimenti nei Paesi vicini, con che spirito?
R. Sempre nel rispetto, nellaccettare la scelta del popolo. Visto che noi non siamo algerini, ci teniamo a seguire quello che succede alla fine e a rispettare quello che il popolo ha scelto, quindi, abbiamo vissuto tutto questo nel rispetto ma anche nellaugurio che questa gente arrivi ad avere quello che tutto il mondo vorrebbe: ovvero, un po più di libertà, un po più di lavoro, di rispetto della persona umana, della dignità delluomo.
D. La Chiesa algerina è una Chiesa antica e tuttavia oggi è una piccola minoranza nel Paese. Cosa significa essere cristiani in questo contesto?
R. Significa quello che vuol dire per ogni cristiano: vivere la nostra fede dovunque noi siamo, perché non possiamo vivere in un ghetto. Cerchiamo di vivere la nostra fede in contatto con la gente, cercando di metterci in ascolto di questa gente, metterci al loro servizio, cercando di essere in dialogo con tutta la popolazione.
D. Il dialogo interreligioso è appunto una grande sfida per la Chiesa algerina
R. Il dialogo, il vivere con laltro è la nostra missione, visto il nostro numero. Siamo quindi in contatto quotidiano con la gente e questo ci mette in dialogo con loro. Vivendo insieme siamo già in dialogo: qualche scambio, qualche domanda, qualche ricerca comune è il risultato del vivere insieme, soprattutto come minoranza in mezzo a un oceano di credenti di altre religioni.
D. In che modo la Chiesa algerina cerca di mantenere viva la tradizione che le viene dai grandi Santi e Padri della Chiesa dei primi secoli?
R. E una sfida enorme: pretendere come pastori di essere i successori di un SantAgostino, di un San Cipriano, è un po presuntuoso, ma cerchiamo di vivere la nostra fede e di dare una testimonianza vera, sincera della nostra fede. SantAgostino, Santa Monica, San Cipriano, Perpetua e Felicita sono la nostra Chiesa e noi cerchiamo di mantenere viva la fiamma della fede anche in questo Paese, anche in una situazione difficile come quella di oggi.
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