Attiviste saudite lanciano campagna contro ‘case-prigioni e tutela maschile’
L’hashtag #HomeDetainees promosso su Twitter vuole sensibilizzare sulla condizione femminile. Nel mirino il sistema che prevede il controllo di un uomo (marito, padre o fratello). In rete condivise esperienze e sofferenze che hanno superato i confini del Paese. Le abitazioni “un paradiso per l’uomo e tomba per la donna”.
Riyadh (AsiaNews) – Un gruppo di attiviste saudite ha lanciato su Twitter una campagna di sensibilizzazione e protesta contro le violenze che subiscono, ancora oggi e nonostante i timidi tentativi di riforma, le donne nel regno wahhabita. Nel mirino le pesanti restrizioni ai movimenti, allo sviluppo personale, alla realizzazione professionale retaggio di una società arcaica e patriarcale, favorita da una visione radicale dell’islam che trova nel sistema della guardia maschile la massima espressione della privazione di libertà.
L’iniziativa permette alle donne di condividere sui social le esperienze personali di “prigioniere” nelle loro stesse case ed evidenziare le limitazioni alla socialità. Per questo le promotrici hanno coniato l’hashtag #HomeDetaineescon l’obiettivo di accrescere consapevolezza e conoscenze di “donne che languono a casa”, un luogo considerato “paradiso per l’uomo e tomba della donna”.
Obiettivo della campagna è l’abolizione del sistema di “guardia maschile”, una norma che impone di fatto il controllo di un uomo – sia esso il padre, il marito o un fratello – sulla vita della donna, decidendo del futuro sotto il profilo “educativo, professionale e sanitario”. Vi è inoltre la richiesta di “indipendenza di movimento e decisione” per quanto concerne aspetti della vita personale, cercando di liberare tutte le donne che si sentono “intrappolate nella propria abitazione”.
In queste settimane diverse donne hanno sfruttato la piattaforma per condividere esperienze personali segnate da sofferenze, privazioni e dolore fisico e spirituale. “La mia prigione – scrive una internauta che nasconde il proprio nome – soffoca passioni e aspirazioni […] mi ha causato una grave depressione e atteggiamenti ossessivi, oltre ad affliggermi con migliaia di disturbi psicologici”. Un’altra denuncia “tutte le forme di violenza a livello fisico, psicologico e materiale”. Un’altra ancora riferisce di una “sorveglianza continua” che non permette nemmeno “la privacy di chiudere la porta di una stanza a chiave”. E ancora, la testimonianza di una donna che si reputa “un mobile del soggiorno” mentre osserva “l’età e la giovinezza passare intrappolata fra quattro pareti”.
Nell’affrancare il Paese dalla dipendenza dal petrolio, base del programma “Vision 2030”, Mohammed bin Salman (Mbs) ha messo mano – seppur con attenzione – all’impianto radicale della fede musulmana e alla vita sociale della nazione. Le riforme introdotte dal 2019 hanno toccato la sfera sociale e i diritti fra cui il via libera per la guida alle donne, l’accesso (controllato) agli stadi e potenziato l’industria dell’intrattenimento, oltre all’ambito religioso. Tuttavia, gli arresti di alti funzionari e imprenditori, la repressione di attivisti e voci critiche e la vicenda Khashoggi hanno gettato più di un’ombra sul reale cambiamento.
La campagna ha raccolto adesioni e solidarietà anche all’estero, come testimonia il messaggi di una donna del Kuwait che afferma di “condividere dolore e sofferenze”. Essa giunge inoltre sulla scia dell’improvviso rilascio di due membri della famiglia reale – la principessa Basmah e sua figlia Souhoud Al Sharif – arrestate nel 2019 e detenute nella prigione di massima sicurezza di Al Ha’ir. Incriminate senza accuse formali, dietro la prigionia vi sarebbero le denunce relative al trattamento delle donne, le leggi sulla tutela maschile e l’opposizione alla guerra in Yemen.
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