
La minoranza cristiana è la vittima sacrificale della battaglia tra militari e islamici, che divampa da due mesi dopo la deposizione del presidente Morsi. Almeno 40 le chiese assaltate in ogni angolo del Paese. Una ritorsione senza precedenti, messa in atto dalle frange più estremiste degli Ikhwan, i Fratelli musulmani, per vendicare lo sgombero violento dei due sit-in di Raba Al Adaweya e Nahda, al Cairo.
«Sono arrivati di primo mattino, subito dopo la notizia del doppio blitz dellesercito testimonia suor Amal dapprima erano in pochi, non più di qualche decina. Poi sono andati a chiamare rinforzi. Nel giro di un paio dore la chiesa era accerchiata da centinaia di persone armate di coltelli, spranghe di ferro e bottiglie molotov». Suor Amal alterna il suo ottimo francese a qualche colpo di tosse, mentre percorre il refettorio, tra le pareti annerite dal fumo. A distanza di giorni, laria è ancora densa di cenere, buca le narici, non fa respirare. Quel giorno assieme a lei, cerano suor Meriem Younen e suor Matilde Emil, tutte egiziane, tutte suore della congregazione di Nostra signora della carità del Buon pastore. La quarta consorella, suor Odile, italiana di Milano, si trovava invece in uno dei centri che la Fondazione internazionale Good Sheperd gestisce in Libano.
«Le fiamme hanno iniziato a divampare ovunque», ricorda suor Meriem, che viene da Minya, nellAlto Egitto, una delle città più bersagliate dallodio interconfessionale di queste settimane. «Siamo rimaste bloccate dalla paura dice , tutte le porte e le finestre erano ormai avvolte dal fuoco. Sembrava non ci fosse più possibilità di venirne fuori. Siamo riuscite a fuggire da una piccola porta che dà sul giardino, mettendoci in salvo».
Nel frattempo gli assalitori facevano scempio dello stabile. Un edificio di quattro piani, sede di una clinica, una biblioteca, locali per le arti e i mestieri. E poi una scuola primaria per circa 500 alunni, un asilo e una casa daccoglienza per 15 ragazze provenienti da famiglie in difficoltà che, per fortuna, erano in vacanza. Tutto in fumo, tutto da ricostruire.
«Hanno scassinato la cassaforte testimonia Vivian Zakarya, che agli alunni del Buon Pastore insegna linglese , si sono portati via decine di migliaia di euro. E poi le suppellettili, il cibo nelle cucine, i liquori, persino i giocattoli dei bambini e gli abiti delle suore. Hanno dato fuoco allauto del parroco, quindi se la sono presa con le immagini sacre. Dopo aver forzato la teca che la conteneva, si sono impadroniti di una statua della Madonna e lhanno gettata nel giardino vicino alla strada. A recuperarla ci ha pensato un passante cristiano. Ora è al sicuro al Cairo, nella casa centrale delle suore».
Allinterno della chiesa il parroco, padre Peshy Isaac, sta celebrando la Messa. Come ogni giorno, alle 10 in punto. Non ha mai smesso. Si inchina davanti allaltare di pietra, una delle poche cose rimaste in piedi tra le navate. Una decina di fedeli si raccoglie in preghiera sulle panche sopravvissute al fuoco, tra cenere e frammenti di vetro. Cè anche un soldato cristiano, uno dei dieci posti dallesercito a guardia dello stabile. Uno su dieci, proprio come i copti in Egitto. «Lodio settario non ci deve fermare dice abuna Peshy ogni giorno riceviamo nuove minacce, ma continuiamo lo stesso a celebrare la Messa. Il fanatismo va isolato. Del resto abbiamo sempre avuto buoni rapporti con i vicini musulmani. Dopo lassalto, molti di loro sono venuti ad aiutarci a spegnere le fiamme. E ci siamo riusciti».
Già, perché dopo aver appiccato il fuoco alla struttura e fatto scempio di tutto quanto trovato allinterno, gli assalitori hanno bloccato le vie daccesso, impedendo ai vigili del fuoco di accorrere sul posto, per spegnere lincendio. «Prima di fare irruzione nelledificio dice suor Meriem avevano dato alle fiamme anche un mezzo blindato dellesercito, mettendo in fuga i soldati. Ora stiamo iniziando a ripulire lo stabile, in modo da poter rendere funzionali almeno le stanze che si sono salvate dallincendio. Ci danno una mano i residenti del quartiere. Ogni giorno cè qualcuno che viene a offrire il suo contributo per rimettere le cose a posto il più presto possibile».
Tra le scalinate coperte di cenere si aggirano due ingegneri. È già il tempo della ricostruzione, che non sarà breve né a buon mercato. Per il momento suor Amal e suor Meriem hanno trovato alloggio in un appartamento di proprietà di un cristiano. Suor Matilde e suor Odil, invece, sono riparate al Cairo, nella casa madre di Shubra. Per il pranzo e la cena ci pensano i fedeli, che si sono messi a disposizione delle due suore, nel momento critico.
«Non abbiamo più neanche le scarpe per camminare dice suor Amal e il 21 settembre inizierà lanno scolastico. Come faremo? Speriamo solo che non debbano essere i bambini a pagare le spese di questo fanatismo». «Pregate per noi», sussurra abuna Peshy prima di congedarsi. Ha mille pensieri per la testa, ma di una cosa è certo: «Quando facciamo la carità non chiediamo di che fede è la persona dice , ci basta una mano tesa e noi rispondiamo».
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