EGITTO – ( 20 Dicembre )

Egitto: domani l’opposizione in piazza contro la sharia nella Costituzione



In Egitto, si chiude domani il quarto round di colloqui tra presidente Morsi e le opposizioni sulla bozza di Costituzione, che introduce la sharia come fonte di diritto. Intanto si attendono nuove manifestazioni contro il referendum, in corso, che sancisce l’adozione della normativa, sabato l’ultima fase elettorale. E anche in Tunisia la costituente sta discutendo sull’introduzione della sharia nella Carta fondamentale. Massimiliano Menichetti ha intervistato padre Paolo Scarafoni, rettore dell’Università Europea di Roma che ha promosso un convegno sugli sviluppi della “primavera araba”:RealAudioMP3

R. – La Chiesa guarda con grande attenzione a questo momento; e devo dire si ispira al Concilio Vaticano II che, anche per la Chiesa stessa e per i cristiani, ha rappresentato un passo avanti dal punto di vista antropologico. A quel tempo è stato sviluppato molto il dialogo, per esempio con il mondo ebraico e anche nella situazione attuale, nasce l’esigenza di un rinnovato ed urgentissimo dialogo con il mondo islamico. La Chiesa guarda con attenzione a questa “Primavera araba” che – credo – da una parte manifesta tante contraddizioni e la prevalenza – possiamo dire – di fondamentalismi, ma dall’altra ha avviato dei meccanismi di incontro e dialogo, specialmente con tutte quelle forze che nel mondo islamico sono aperte.

D. – Lei diceva: “La grande sfida di rinnovamento anche in queste realtà, si gioca su un piano antropologico”…

R. – Certo. Perché dobbiamo distinguere la religione dall’antropologia, ovvero da chi interpreta questa religione. Questo è avvenuto nella storia anche per il cristianesimo; e non c’è dubbio che possiamo ampliare la problematica anche alle altre religioni e al mondo islamico, che indubbiamente contiene valori significativi, validi, inseriti in un’antropologia – e quindi in un contesto sociale – che vanno interpretati. E noi auspichiamo che questa interpretazione possa evolvere e migliorare.

D. – La situazione che molte minoranze – in questo caso i cristiani – vivono in molti Paesi, Egitto, Tunisia, Medio Oriente è fonte di preoccupazione. Come pensare di risolvere queste realtà di tensione?

R. – Credo che sia indispensabile per le Chiese cristiane sviluppare un discorso culturale. Proprio perché il problema è antropologico, solamente la cultura potrà aiutare a fare dei passi avanti nella comprensione, nella convivenza e poi nello sviluppo dei Paesi di quelle zone.

D. – Quindi la cultura è una chiave per poter poi creare la pace, il dialogo?

R. – È indispensabile. Non soltanto la cultura come scienza umanistica, ma proprio in generale, perché tutto quello che è lo sviluppo della vita sociale ed economica di quei Paesi, parte dalla conoscenza e dalla cultura.

 
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