Egitto: domani l’opposizione in piazza contro la sharia nella Costituzione




R. – La Chiesa guarda con grande attenzione a questo momento; e devo dire si ispira al Concilio Vaticano II che, anche per la Chiesa stessa e per i cristiani, ha rappresentato un passo avanti dal punto di vista antropologico. A quel tempo è stato sviluppato molto il dialogo, per esempio con il mondo ebraico e anche nella situazione attuale, nasce l’esigenza di un rinnovato ed urgentissimo dialogo con il mondo islamico. La Chiesa guarda con attenzione a questa “Primavera araba” che – credo – da una parte manifesta tante contraddizioni e la prevalenza – possiamo dire – di fondamentalismi, ma dallaltra ha avviato dei meccanismi di incontro e dialogo, specialmente con tutte quelle forze che nel mondo islamico sono aperte.
D. – Lei diceva: La grande sfida di rinnovamento anche in queste realtà, si gioca su un piano antropologico…
R. Certo. Perché dobbiamo distinguere la religione dallantropologia, ovvero da chi interpreta questa religione. Questo è avvenuto nella storia anche per il cristianesimo; e non cè dubbio che possiamo ampliare la problematica anche alle altre religioni e al mondo islamico, che indubbiamente contiene valori significativi, validi, inseriti in unantropologia – e quindi in un contesto sociale che vanno interpretati. E noi auspichiamo che questa interpretazione possa evolvere e migliorare.
D. – La situazione che molte minoranze – in questo caso i cristiani – vivono in molti Paesi, Egitto, Tunisia, Medio Oriente è fonte di preoccupazione. Come pensare di risolvere queste realtà di tensione?
R. – Credo che sia indispensabile per le Chiese cristiane sviluppare un discorso culturale. Proprio perché il problema è antropologico, solamente la cultura potrà aiutare a fare dei passi avanti nella comprensione, nella convivenza e poi nello sviluppo dei Paesi di quelle zone.
D. – Quindi la cultura è una chiave per poter poi creare la pace, il dialogo?
R. – È indispensabile. Non soltanto la cultura come scienza umanistica, ma proprio in generale, perché tutto quello che è lo sviluppo della vita sociale ed economica di quei Paesi, parte dalla conoscenza e dalla cultura.