Egitto: pratiche di neo-democrazia o rigurgiti del vecchio regime?

Intervista a Nathalie Bernard-Maugiron, direttore di ricerca presso lInstitut de recherche pour le développement e co-direttore dellInstitut détudes de lIslam et des sociétés du monde musulman (IISMM) presso lÉcole des Hautes études en sciences sociales (EHESS) di Parigi.
Dopo aver sciolto il parlamento per incostituzionalità, la Corte costituzionale egiziana ha respinto il decreto del Presidente Morsi che ne stabiliva la riapertura. È uno scontro istituzionale tra poteri dello Stato o uno scontro politico tra vecchio e nuovo regime?
LAlta Corte costituzionale non ha sciolto lAssemblea del popolo. Ha semplicemente dichiarato incostituzionali alcune disposizioni della legge elettorale per aver infranto il principio di uguaglianza tra i candidati. Effettivamente, ai candidati dei partiti politici sono stati riservati i 2/3 dei seggi sulla base dello scrutinio di lista, mentre i candidati indipendenti, non affiliati a un partito politico riconosciuto, hanno potuto concorrere solo sul terzo rimanente, attribuito a scrutinio uninominale, ma nel quale potevano presentarsi anche i candidati dei partiti politici. La sua decisione è conforme alla sua giurisprudenza precedente, dato che, a due riprese, nel 1987 e nel 1990, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionali leggi elettorali precedenti che avevano a loro volta violato il principio delle pari opportunità tra candidati di partiti politici e candidati indipendenti. La Corte costituzionale non è competente per dissolvere il Parlamento, e può solo pronunciarsi sulla costituzionalità delle leggi. Le sue decisioni sono tuttavia vincolanti per tutte le istituzioni dello Stato. E la conseguenza logica della decisione della Corte è che lAssemblea del Popolo, in quanto eletta sulla base di una legge incostituzionale, non è legittima e deve essere sciolta. La stessa cosa si è verificata nel 1987 e nel 1990 dopo le due decisioni simili della Corte.
Quanto alla decisione che annulla il decreto del Presidente Morsi, essa è stata presa nel quadro del potere della Corte di risolvere le controversie nate dallesecuzione delle proprie decisioni, sulla base dellarticolo 50 del suo regolamento.
I giudici della Corte costituzionale sono stati nominati formalmente da Mubarak, ma secondo un meccanismo di cooptazione: i giudizi in carica propongono un candidato, così come il Presidente della Corte (di solito è lo stesso), e il Presidente della Repubblica sceglie uno fra i candidati proposti, se sono due, o, se è solo uno, lo nomina direttamente. Una volta nominati, i giudici sono inamovibili. I giudici della Corte costituzionale, in particolare, godono di una totale indipendenza rispetto al Ministero della Giustizia, ciò che non avviene per gli altri magistrati. Non credo sia dunque giustificato il sospetto che essi rappresentino e difendano il vecchio regime. È vero invece che il Presidente della Corte costituzionale è nominato direttamente dal Presidente della Repubblica a sua totale discrezione, ciò che permette al Capo dello Stato di porre a capo della Corte persone di sua fiducia. Per molto tempo, la tradizione in vigore in seno alla Corte è stata quella di nominare al proprio vertice il membro più anziano. Ma questa tradizione si è persa allinizio del 2000, quando Mubarak ha cominciato a nominare Presidenti scelti da altre magistrature (per esempio la Corte di Cassazione, la Corte dAppello del Cairo). La funzione è stata allora effettivamente politicizzata. I tribunali egiziani sono molto gerarchizzati e il Presidente della Corte gode di importanti ed effettivi poteri di organizzazione e controllo della propria giurisdizione. È inoltre vero che i magistrati egiziani sono generalmente piuttosto liberali, ma conservatori. Provengono di solito dalla media borghesia, sono spesso figli di magistrati, e superano il severo controllo esercitato allingresso in magistratura: viene effettuata unindagine dei servizi di sicurezza volta ad assicurare che il candidato provenga da un ambiente sociale adeguato, da una famiglia di cui non facciano parte né islamisti, né militanti di sinistra, né criminali. Molti sono dunque piuttosto vicini, nelle loro convinzioni politiche, sociale, religiose agli uomini del vecchio regime e dellesercito. Ma ciò non impedisce loro si essere politicamente liberali. Si è ben visto come nel 2005 alcuni giudici riformisti si siano opposti al regime di Mubarak facendo appello a una reale indipendenza del giudiziario e alla trasparenza nelle elezioni.
A suo avviso, dopo la vittoria di Morsi, i Fratelli Musulmani tenteranno di smantellare le strutture dellantico regime riformando le istituzioni dello Stato a loro immagine o si accontenteranno di un compromesso con la vecchia leadership?
Finora, i Fratelli musulmani hanno avuto un margine di manovra molto limitato perché devono ancora venire a patti con lesercito che ha conservato una parte importante del potere esecutivo. Inoltre, dalla dissoluzione dellAssemblea del Popolo, il Consiglio supremo delle Forze armate esercita di nuovo il potere legislativo. Peraltro, qual è esattamente limmagine dei Fratelli musulmani e quale Stato vogliono veramente costruire? Fino a questo momento hanno sempre accettato di porsi sul terreno della concezione moderna dello Stato, fondato sulla sovranità popolare e caratterizzato dalla separazione dei poteri. Non hanno mai fatto appello al ritorno a una concezione islamica dellorganizzazione dello Stato, sul modello per esempio del Califfato. Hanno fondato un partito politico, si sono battuti per vincere le elezioni e al momento tutti i loro sforzi puntano a controllare lelaborazione della nuova Costituzione. Si oppongono alla dissoluzione del Parlamento in nome del rispetto della volontà popolare. Tutte queste istituzioni e tutti questi concetti sono estranei alla concezione islamica classica dello Stato. Se intendono riformare le istituzioni ereditate dallepoca di Mubarak, sarà sempre nel quadro dei sistemi politici che si conoscono in Occidente. Dopo essere stati partigiani di un regime parlamentare, sembrano ora più favorevoli a un regime misto. Ma non si è mai trattato di istituire una teocrazia. Finora, lAssemblea Costituente nominata nel giugno scorso e la cui sorte è sospesa a una decisione dellAlta Corte amministrativa, ha cominciato a elaborare un progetto di Costituzione che riprende la Costituzione del 1971 modificandone alcune disposizioni, soprattutto per limitare il potere del Presidente. La sola disposizione veramente controversa adottata fino a questo momento a parte la questione dellarticolo 2 e del ruolo della sharîa è quella che limita la libertà religiosa alle tre religioni riconosciute. Ciò significa che i Bahai o gli indù non potranno praticare la propria religione e i propri riti in pubblico. Di fatto era così anche prima, ma non in base a un principio costituzionale. Potrebbe anche esserci un nuovo articolo che condanna la blasfemia. Resterebbe comunque da vedere se una tale disposizione sarebbe trasposta in una legge, e in quale forma, per essere effettivamente applicabile davanti ai tribunali.
Si può prevedere che la Corte costituzionale continuerà a fungere da contropotere nei confronti della Presidenza della Repubblica? Ha un profilo che le consenta di assumere questo compito?
Come ho già detto, i magistrati egiziani hanno una forte tradizione di indipendenza e di salvaguardia dello Stato di diritto. Ciò che è probabile, è che essi condividano il conservatorismo degli uomini di Mubarak e il loro timore di vedere arrivare gli islamisti al potere. Certamente non hanno alcuna voglia di ritrovarsi in uno Stato teocratico, sempre che i Fratelli musulmani vogliano veramente istituirne uno, ed è inoltre verosimile che essi non abbiano voglia di applicare leggi direttamente ispirate alla sharîa, quando la maggior parte di essi hanno una conoscenza molto sommaria del diritto islamico. La giurisprudenza della Corte costituzionale relativa allinterpretazione dellarticolo 2 della Costituzione del 1971 (I principi della sharîa islamica sono la fonte principale della legislazione) mostra daltra parte come questa giurisdizione abbia fatto ricorso a diversi meccanismi giuridici per limitare la portata di tale disposizione, e, di conseguenza, il posto della sharîa nel sistema giuridico egiziano.
Ciò che invece è possibile, è che in caso di conflitto tra la Corte e la Presidenza, e nel caso in cui il Presidente sia sostenuto da una maggioranza parlamentare, la legge sulla Corte costituzionale sia emendata per limitare i suoi poteri prevedendo per esempio che le sue decisioni debbano essere ratificate dallAssemblea del Popolo, come già previsto da un progetto di legge di un deputato salafita. O che la procedura di nomina dei membri di questa giurisdizione sia modificato per permettere un controllo reale sulle nomine o per procedere a una infornata di giudici islamisti, che bilancerebbe il peso dei giudici laici della Corte. Il progetto del nuovo articolo 2 della Costituzione elaborato dallAssemblea costituente a maggioranza islamista prevede che Al-Azhar abbia lultima parola su ciò che riguarda linterpretazione della sharîa. Tale articolo, proposto dai salafiti, punta a sottrarre alla Corte il suo potere di interpretazione dellarticolo 2.
A questo proposito, come si può considerare la pressione esercitata dai salafiti per modificare larticolo 2 della Costituzione sostituendo al riferimento ai principi della sharîa con lapplicazione delle norme della sharîa? È un tema che potrà essere veramente oggetto di dibattito?
LAssemblea costituente a maggioranza islamista ha già dibattuto dellarticolo 2. I salafiti hanno effettivamente chiesto un emendamento di questo articolo affinché la sharîa islamica e non i principi della sharîa islamica sia la fonte principale della legislazione. Tale proposta puntava a contrastare linterpretazione che la Corte costituzionale aveva fatto dellarticolo 2 della Costituzione del 1971, operando una distinzione in seno ai principi della sharîa e considerando obbligatori solo quelli la cui fonte era certa e non aveva dato luogo ad alcuna divergenza di interpretazione tra i fuqahâ (giurisperiti). Ma i salafiti non sono stati sostenuti da alcun partito o istituzione presente nella Costituente. I Fratelli musulmani, in particolare, si sono opposti a questo emendamento stimando che non aveva ragion dessere. Anche al-Azhar si è pronunciata a favore dello status quo.
Come ho detto in precedenza, i salafiti sono comunque riusciti ad aggiungere nellarticolo 2 una frase che dà competenza a al-Azhar di interpretare la sharîa, privando così la Corte costituzionale di questo potere. Resta però da vedere come potrà avvenire in pratica lintervento di al-Azhar. Inoltre, dal momento che lo shaykh attuale di al-Azhar è piuttosto liberale e contrario alle idee dei salafiti, questi ultimi non è detto che ottengano qualcosa dal nuovo regime. Ma scommettono sul futuro e sullarrivo al vertice di questa istituzione di una personalità più sensibile alla loro ideologia. Su iniziativa di al-Azhar, il progetto di articolo 2 prevede, infine, che i cristiani e gli ebrei potranno beneficiare delle proprie norme in ciò che riguarda il diritto di famiglia, in materia religiosa e per lelezione dei propri dirigenti.
Qualunque sarà il contenuto del futuro articolo 2 (o di un altro articolo), non bisogna perdere di vista il fatto che il riferimento costituzionale alla sharîa o allIslam non significa che lo Stato sarà necessariamente una teocrazia né che il diritto sarà riformato per essere islamizzato. Tutte le Costituzioni attuali dei Paesi arabi fanno riferimento allIslam o alla sharîa, ma per la maggior parte di essi si tratta solo di un riferimento simbolico, che non viene tradotto nelle istituzioni dello Stato né nei sistemi giuridici. Applicare la sharîa, in sé, non significa niente, perché ci sono tanti Stati quanti modi di applicarla. La Tunisia, per esempio, continua ad avere il codice di famiglia che garantisce il massimo di parità tra uomo e donna, quando Bourguiba ha sempre affermato la sua conformità alla sharîa islamica. Fino ad oggi, i Fratelli musulmani in Egitto non hanno mai detto chiaramente ciò che essi intendono concretamente per re-islamizzazione del diritto. In particolare, non hanno mai affermato che avrebbero riformato il codice penale per istituire le pene hudûd (flagellazione, lapidazione, amputazione) per alcuni crimini.
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