CRISTIANI IN NIGERIA: L’ITALIA È IMPEGNATA IN UNA SOLUZIONE
Secondo Massimo Introvigne, coordinatore dell’Osservatorio della Libertà Religiosa, il dialogo interreligioso è fondamentale ma non va esclusa la linea dura con i fondamentalisti
ROMA, venerdì, 20 luglio 2012 (ZENIT.org) – In Nigeria ogni domenica chi va a messa non sa se ritornerà a casa. In questo paese, dall’inizio di quest’anno, l’integralismo islamico ha ucciso oltre 800 persone, tra cui 150 cristiani.
Un recente sondaggio indica che in Nigeria il 70% della popolazione considera il dialogo interreligioso come l’unica uscita del problema, e quindi rigetta la violenza dei fanatici.
Per uscirne, oltre al dialogo interreligioso, sono necessari l’addestramento delle forze di polizia, l’appoggio nella misura del possibile ai settori politici islamici non fanatici, senza escludere la possibilità di colpire le zone franche che servono come le Tortugas per i pirati.
Lo ha spiegato nell’intervista a Zenit che vi proponiamo, il professor Massimo Introvigne, sociologo e storico, che ha partecipato ieri al dibattito sulla strage dei cristiani in Nigeria, promosso dall’Osservatorio della Libertà Religiosa del Ministero degli Esteri e da Roma Capitale.
L’incontro si è tenuto presso la sede dell’Associazione Stampa Estera, e ha visto la partecipazione del ministro degli Esteri, Giulio Terzi, il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, l’onorevole Margherita Boniver e il presidente della Camera, Maurizio Lupi.
Al vostro incontro si è parlato della persecuzione dei cristiani in Nigeria con la presenza di molte autorità di spicco…
Introvigne: Questo è diventato un evento molto ampio, come ha visto, e sottolinea l’importanza che l’Italia dà al dossier della Nigeria, che non si limita alle parole: è iniziata l’epoca dei fatti.
Quale è la funzione dell’Osservatorio della libertà religiosa?
Introvigne: L’Osservatorio della Libertà religiosa del Ministero degli Affari Esteri ha la funzione di coordinamento delle iniziative che si prendono a diversi livelli. In primo luogo, quello di insistere perché le organizzazioni internazionali si mobilitino. Qui subentra l’insistenza molto metodica della diplomazia italiana per inserire la questione dei cristiani in tutte le iniziative per la pace e lo sviluppo, dalle Nazioni Unite all’Unione europea.
I tempi delle organizzazioni internazionali però sono sempre lunghi…
Introvigne: Infatti, come secondo punto, figura la collaborazione bilaterale, perché l’Italia vanta delle eccellenze in materia di sicurezza e di sorveglianza di obiettivi sensibili. Ormai purtroppo in Nigeria, tra questi obiettivi, ci sono anche le chiese cristiane, quindi sono in corso dei programmi di formazione dei funzionari amministrativi, delle forze dell’ordine, della polizia e delle guardie di frontiera nigeriane.
Quindi, dialogo e sicurezza. E poi?
Introvigne: Il terzo fattore è dare quanto più possibile appoggio alla politica. Mi spiego: sebbene il dialogo interreligioso sia compito innanzitutto delle istituzioni religiose – e su questo la Chiesa Cattolica ci da esempi di coraggio – il dialogo che è la vera soluzione dei problemi, deve includere anche attori che fanno riferimento all’islam politico, escludendo però chi fa violenza o terrorismo, chi come un dirigente di Boko Haram in Nigeria ha dichiarato che i cristiani hanno soltanto tre alternative: morire, convertirsi all’islam o emigrare. Questi ultimi vanno esclusi ma alcune delle forze dell’islam politico possono essere incluse nel dialogo.
C’è qualche altro punto importante.
Introvigne: Sì, un quarto fattore è la regionalizzazione del conflitto che non è soltanto locale ma continentale, e vede la presenza importante di focolai terroristici in luoghi che sfuggono al controllo dello Stato. Come la metà della Somalia e il Nord del Mali. Negli ultimi giorni sono emerse prove della presenza del Boko Haram nigeriano nella regione di Gao, nel Mali e in zone controllate sostanzialmente da Al-Qaeda, dove si va per fare rifornimento di carburante e di armi.
In questo caso il dialogo e la polizia non possono fare molto.
Introvigne: E qui ci sono dei nodi da sciogliere con tutte le opzioni possibili, anche quella militare che non può essere esclusa ma che richiede grande cautela. Per il momento il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite continua a non autorizzarla finché non c’è chiarezza sul tipo di iniziative militare che la Comunità economica dell’Africa orientale (EAC) sta proponendo. Ci sono paesi che vedono le cose in modo diverso, come il Burkina Faso che vorrebbe estendere il dialogo anche a una delle formazioni fondamentaliste islamiche, mentre il Niger non vuole assolutamente questo dialogo. Quindi, fino a quando non ci sarà chiarezza, l’azione militare rischia di essere avventurista.
Opzione militare che in alcuni casi sembra non si escluda?
Introvigne: Non ce dubbio però, che l’opzione militare per il Mali non possa essere esclusa, perché ci troviamo con un territorio che funziona un po’ come le isole Tortuga per i pirati. Chi vuole va lì, apre un ufficio per le armi e l’indottrinamento. E per la Nigeria, la situazione del Mali è decisiva. Non per caso la Nigeria è uno dei Paesi che, in caso di intervento militare ha già dichiarato che metterebbe a disposizione delle truppe.
Come evitare l’aggressione ai cristiani?
Introvigne: Il dialogo è una delle due gambe sulla quale cammina la lotta alle persecuzione dei cristiani. Ed è la gamba più lungimirante e decisiva, però, visto che ogni domenica i cristiani continuano a morire, si pone anche un problema di polizia. Il dialogo è importante per ricreare un clima di collaborazione e di fiducia, di incontro e non di scontro. Ma i frutti del dialogo li raccoglieremo fra qualche anno. Intanto, visto che ogni domenica in Nigeria se uno va a messa non sa se ritorna a casa con c’è dubbio che occorre anche una risposta sia sul piano della sicurezza che della polizia.
L’Italia sta aiutando alla formazione della polizia?
Introvigne: Sì, come una iniziativa di carattere bilaterale, perché l’Italia ritiene che non si debba passare sopra la testa del governo nigeriano, che è un governo democratico, un governo amico, dove il presidente, tra l’altro, è un cristiano. Non è certamente il governo che fomenta queste violenze, ne è vittima. Tuttavia il problema di sicurezza ha in parte le sue centrali anche fuori della Nigeria.
In Nigeria esiste una maggioranza silenziosa che non vuole la violenza?
Introvigne: Sì, e vorrebbe il dialogo interreligioso. Un recente sondaggio rivela che in Nigeria il 70% propone il dialogo interreligioso come via di uscita. Anche se non fa notizia e non ne parla nessuno.
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