FRANCIA – ( 21 Gennaio )

FRANCIA
 
Islamisti isolati
 
Mons. Michele Dubost: ”Dimostrare che è possibile vivere insieme”

Mentre proseguono i raid aerei francesi sulle principali città del Nord del Mali, più a Nord, oltre il confine algerino, gruppi di jihadisti armati hanno assaltato un giacimento petrolifero gestito dalla compagnia britannica Bp. Oggi, in Algeria si cerca di stilare l’esatto bilancio degli ostaggi morti nel blitz finale che ha permesso sabato scorso di liberare 685 impiegati locali e 107 stranieri. Un bilancio ancora confuso sebbene si parli di 12 giapponesi, 10 filippini, 7 inglesi, uno statunitense e un francese, due romeni. Con i 32 sequestratori uccisi il bilancio sfiora così gli 80 morti. Maria Chiara Biagioni, per Sir Europa, ha chiesto a mons. Michel Dubost, vescovo di Evry-Corbeil-Essonnes e presidente del Consiglio per le relazioni interreligiose della Conferenza episcopale francese, i risvolti dell’impegno francese in Mali sulla presenza musulmana nel territorio francese e sulla tenuta dei rapporti tra le comunità cristiane e musulmane in Francia. Dopo la Germania, la Francia è il Paese con il maggior numero d’immigrati di religione musulmana in Europa con una presenza di circa 3,5 persone pari al 5,7% della popolazione.

L’impiego delle forze francesi in Mali e l’assalto alla compagnia petrolifera in Algeria. Come sta reagendo la comunità musulmana in Francia?
“Gli amici musulmani qui in Francia sanno che è ormai chiara la differenza tra Islam e islamismo. Abbiamo qui, per esempio, una comunità del Mali, musulmani moderati, che soffrono moltissimo rispetto a quanto sta succedendo nel loro Paese. Vorrei quindi dire che ciò che sta accadendo in Mali ci avvicina molto di più di quanto invece ci allontani. È chiaro che la mondializzazione, le difficoltà economiche, i problemi dei quartieri periferici possono spingere alcune persone nella tentazione di rinchiudersi in se stessi e spargere un clima di paura degli uni verso gli altri. Ma ciò che sta accadendo realmente in questo momento è piuttosto una tendenza all’avvicinamento. La grande maggioranza dei musulmani ha molta paura degli islamisti”.

Gli islamisti in Algeria hanno però preso in ostaggio gli stranieri, segno evidente che c’è un odio crescente verso lo straniero e gli occidentali in genere. Lei cosa ne pensa?
“Sì, è vero. Ma gli islamisti stanno all’Islam come una forma di perversione totale all’Islam stesso. Cercano di conquistarsi la simpatia dei musulmani ma non ce l’avranno mai”.

Quale ruolo possono allora giocare le comunità dei credenti per combattere ogni forma di islamofobia e di cristianofobia?
“Se c’è un ruolo che come responsabili religiosi possiamo svolgere è quello di continuare a sviluppare l’incontro. È vero che siamo differenti, occorre pertanto prendere atto di queste differenze. E come dice il Papa, avere al tempo stesso la fierezza di essere cristiani ma credere anche che Cristo si è fatto Parola per tutti. Tutti i credenti sono chiamati a farsi parola tra noi. E quando si va al fondo della discussione, quando si va incontro a un essere umano, a qualsiasi cultura, religione Paese appartenga, si è rafforzati della sua umanità. Ma ciò richiede di andare all’incontro dell’altro superando i formalismi, le paure, i pregiudizi. E quando si riesce, si rimane meravigliati nel constatare come, nel cuore di ogni uomo, Dio parli”.

Ma una guerra è sempre necessaria?
“Gli anni mi hanno formato a detestare la guerra. Trovo pertanto che bisogna fare tutto il possibile per evitarla. Mi rendo conto, però, che bisogna dimostrare agli islamisti forsennati che non si può lasciar loro terreno e che quando ci si trova di fronte a prese di posizione assolute, non c’è purtroppo spazio per le negoziazioni possibili. Il problema quindi si gioca tutto nel difficile equilibrio di essere forti nella nostra democrazia e nel nostro rispetto cristiano per l’altro ma anche nel saper pronunciare un no”.

Vuole lanciare un messaggio di pacificazione al vostro Paese, alla luce della morte degli ostaggi e a quanto sta vivendo oggi la Francia?
“È chiaro che i Paesi occidentali sono segnati, nel pensiero dei popoli del Sud del mondo, dalla colonizzazione che fu politica nel passato e oggi è di natura economica. Occorre pertanto che nei Paesi occidentali, si possa dimostrare che tra ebrei, cristiani e musulmani è possibile vivere insieme, che tutti sono cittadini con gli stessi diritti. Occorre quindi che tutti ci si batta per la giustizia, per comprendere l’altro e per amare gli altri”.

 
condividi su