Sacerdote giordano risponde ad Alain Juppé: In Iraq, come in Siria, gli eserciti stranieri creano solo guai
di Rif’at Bader
Al ministro francese degli esteri, che si è vantato per l’impegno del suo Paese a favore dei cristiani d’oriente, p. Rif’at Bader ribatte che la fuga dei cristiani dall’Iraq sta a testimoniare il contrario. La follia di esportare la democrazia con le armi anche in Siria. Se l’occidente vuole fare davvero qualcosa per il Medio oriente (non solo per i cristiani) occorre potenziare l’educazione, i media, la sanità, ma soprattutto collaborare a risolvere il problema israelo-palestinese.
Amman (AsiaNews) – Il p. Rif’at Bader, direttore del Centro di studi e comunicazione nella capitale giordana, ha risposto in questi giorni a un articolo del ministro francese degli esteri, Alain Juppé, apparso su diversi giornali mondiali. Nell’articolo, Juppé rivendicava un ruolo di difesa dei cristiani svolto dalla Francia e invitava i cristiani di Siria a combattere con più decisione contro Bashar Assad. Ecco la risposta che p. Bader ci ha inviato (traduzione dal francese a cura di AsiaNews).
Eccellenza, Sig. Ministro,
Ho letto, come altri, il suo articolo «I cristiani d’oriente e le primavere arabe» (nel giornale La Croix del 28/2/2012), tradotto in diversi giornali, anche i nostri giornali locali in Giordania, fra cui El Rai del 1/3/2012.
Le scrivo oggi dalla Giordania, sebbene El Rai dice che voi non parlate dei cristiani di Giordania e che ciò che lei ha scritto è solo una sottolineatura personale. Vorrei farle notare, signor ministro, che per i cristiani d’oriente, l’identità cristiana è ovunque la stessa, anche se vi sono differenze nel livello di sicurezza e di libertà che permette a ogni cittadino di dedicarsi in tutta tranquillità al proprio lavoro per lo sviluppo del Paese. Ma il suo articolo, firmato da lei come ministro degli esteri e come ministro europeo, ha senza dubbio un peso di ufficialità.
In ogni caso desidero ringraziarla per aver parlato nel suo articolo della « presenza » dei cristiani. Purtroppo, il nostro giornale locale ha tradotto in arabo [questo termine] con «esistenza». Ho consultato il giornale in francese e ho notato che lei parla di «presenza» e non di «esistenza». Forse i giornali arabi si sono sbagliati traducendo e sostituendo presenza con esistenza? Oppure non rimane altro che la semplice idea dell’esistenza geografica e demografica, mettendo da parte una presenza efficace e cooperante, che lavora in positivo, come è stato nel passato, nel presente e nel futuro? Eccellenza, la differenza fra esistenza e presenza è grande.
Nel suo articolo lei ha parlato dei nostri fratelli cristiani in Iraq. Essi sono stati massacrati e il loro numero è diminuito. In effetti, per loro, vi è un problema di esistenza, più forte ancora di quello della presenza, e non si troverà soluzione a questo problema se non con un periodo dipace.
Ma lei eccellenza, non ha parlato delle cause che hanno portato al problema dell’esistenza per i cristiani d’oriente. Ciò che succede in Palestina-Terra Santa da decine di anni, si ripercuote in Iraq e i due casi sono simili per cause e risultati : voglio dire l’intromissione militare di Stati stranieri nei Paesi e nei popoli. Ciò ha strappato il mondo arabo in piccoli Paesi e ha senz’altro influenzato i cristiani. I cristiani, come i musulmani, hanno dovuto abbandonare Gerusalemme, la Città Santa, e altre città e villaggi e la causa essenziale è stata l’occupazione israeliana. Allo stesso modo, i cristiani dell’Iraq sono stati dispersi senza possibilità di ritorno, a causa dell’occupazione militare americana, sostenuta da molti Paesi occidentali.
Per caso, scrivo questo articolo proprio dopo aver salutato una famiglia irakena (la famiglia Rassam), che è rimasta per più di otto anni nella nostra parrocchia in Giordania. Essi hanno bussato a tutte le porte delle ambasciate e alla fine l’ambasciata della Nuova Zelanda ha avuto pietà di loro ed essi dovranno partire entro due giorni.
Le dico la verità, ho il cuore grosso per la loro partenza, pensando che essi non torneranno più. Ma chi ha causato loro queste sfortune e queste sofferenze? Chi è stata la causa della loro partenza, senza poter vedere il loro amato Paese? Non avrebbero potuto i Paesi occidentali mettere tutta la loro influenza per instaurare la pace e il benessere invece di inondarci di parole belle ma vuote? Tutti gli sforzi del Consiglio di sicurezza Onu e tutti i Paesi civilizzati hanno spinto il mondo a guardare le immagini lugubri di un ex presidente giudicato, condannato e impiccato, e che ha lasciato dietro di sè un sacco di mali. E soprattutto lo stato miserabile dei cristiani che bussano alle porte delle vostre ambasciate in una maniera degna di pietà.
Nel suo articolo lei dice di aver ricevuto i feriti di “Sayidat Annajat”, della chiesa di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, e avete fatto bene, ma il re Abdallah ben Hussein di Giordania vi ha preceduto, aprendo uan porta grande per ricevere i nostri fratelli dell’Iraq in un numero molto superiore a quello che lei cita. E sono le Nazioni unite, le istituzioni cristiane, come la Caritas Giordania, ad aver offerto aiuti sanitari e cibo, e continuano a farlo fino ad ora. Perciò, la questione supera l’accettazione di qualche ferito e di qualche famiglia. É tempo di fermare simili crimini, non solo quelli contro i cristiani e coloro che pregano nei luoghi di culto, ma i crimini contro l’umanità. Chi ha preparato il terreno per questo « lavoro » nei luoghi di preghiera? Non sono stati i governi occidentali che hanno fato credere al mondo la presenza e il pericolo delle armi chimiche e la necessità di detronizzare il dittatore? Non avebbero fatto meglio a cercare mezzi educativi e umani, invece di tentare [di applicare] una democrazia illusoria con la forza dei carri armati?
E non è forse l’occupazione straniera la causa essenziale di quanto vediamo oggi? Da generazioni non sentivamo di chiese bruciate o distrutte, mentre la gente prega ; bisognava attendere il 21mo secolo per vedere questi orrori in diretta sulle catene televisive? E la causa, signor Ministro, non è chiara esteriormente; essa è nascosta, dopo l’arrivo di gruppi estremisti e di slogan che gridano il bisogno di eliminare l’altro. Ma nonostante tutto, la vera causa viene dall’esterno.
I cristiani d’oriente sono una parte integrante del loro popolo, sono stati fedeli nel loro lavoro e in una maniera esemplare hanno servito la loro società e le loro Chiese, nella misura in cui i differenti governi hanno dato loro la libertà di farlo. La Primavera araba non è una catastrofe per i cristiani, anche se è vero che alcuni Paesi dovrebbero fare più sforzi per la democratizzazione. Ad ogni modo il problema non sono i cristiani, i cristiani fanno parte del loro popolo e quel che succede agli altri succede anche a loro, nel bene e nel male. La vera Primavera araba è di lasciare che i popoli scelgano da sé i loro capi e non decidere voi per loro.
Ora, dopo aver accolto tanti rifugiati siriani in Giordania, dobbiamo riflettere: siamo sul punto di un nuovo esodo, un esodo dei cristiani che vanno a mettersi davanti alle vostre ambasciate e a bussare le vostre porte? Spero di no. Spero piuttosto che le promesse che lei cita nel suo articolo si realizzarenno.
Se migliaia di cristiani se ne partono dalla Siria, essi saranno acompagnati da altri non cristiani. La catastrofe non è solo per i cristiani, ma umana e nazionale. A ciò aggiunga: dove andranno i cristiani irakeni che si erano rifugiati in Siria da diversi anni? Eccoli di nuovo profughi. Che cosa può fare di più se non promesse, che non nutrono, né arricchiscono nessuno?
In passato la Francia ha contribuito al programma di tutela straniera, e ogni grande nazione ha scelto una Chiesa particolare verso la fine del periodo ottomano. Ma oggi i cristiani d’oriente non hanno più fiducia nella tutela straniera. Ciò che oggi essi ricercano è un lavoro sincero ed efficace, pulito e senza sordidi guadagni, per continuare il piano di pace nel Medio oriente. Il problema maggiore è la questione palestinese e la possibilità per i fedeli di giungere ai Luoghi santi. Cosa fa l’Europa quando a una persona di Betlemme si impedisce di arivare al Santo Sepolcro, a meno di 10 km da casa sua? Il Patriarca latino ha costruito diverse case per alloggiare le famiglie a Gerusalemme e nelle vicinanze, e non abbiamo mai sentito di un governo straniero che abbia aiutato in questo progetto. Non è forse vero che i governi stranieri non aiutano che a parole?
I cristiani che hanno assistito al Sinodo della Chiesa cattolica [delle Chiese in Medio oriente – ndr] in Vaticano, hanno trovato l’aiuto e l’incoraggiamento delle Chiese europee, attraverso un contributo reale, giunto da organismi ecclesiali come la Caritas che sostengono le scuole, le università, gli ospedali, le associazioni locali. Oggi è necessario anche sostenere i mezzi di comunicazione e i centri di studio perchè i cristiani d’oriente abbiano una parola da dire e il mondo li ascolti. Lei ha detto che ascolta la voce dei cristiani d’oriente e questi non parlano dei loro governi ; ciò che essi richiedono è che lei continui a lavorare per la pace e ciò contribuirà alla sicurezza, alla giustizia, all’uguaglianza e alla cittadinanza per tutti, non solo per una parte.
Signor ministro, noi la ringraziamo per la sua sollecitudine, ma gli abitanti di questi Paesi – e i cristiani fra loro – attendono qualcosa di più delle sue parole.
P. Rif’at Bader
Sacerdote del Patriarcato Latino- Giordania
Direttore del Centro cattolico di studi e comunicazioni
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