MONDO PIÙ SICURO
La sorpresa iraniana ha un volto moderato
Gli elettori hanno premiato il riformismo di Rohani, un religioso e politico prudente. Il popolo ha voluto dare uno stop allo strapotere dei Pasdaran. Ora lOccidente deve coinvolgere lIran in un serio dialogo politico ad ampio raggio sui temi scottanti della regione, dimostrando di saper ancora usare la diplomazia
Stefano Costalli
Come già accaduto in altre occasioni, anche questa volta le elezioni iraniane hanno riservato notevoli sorprese, spiazzando perfino gli osservatori più attenti. Dopo una campagna elettorale scialba e sottotono, dominata dai candidati vicini allayatollah Khamenei e svoltasi in un Paese ripiegato sulle proprie notevoli difficoltà economiche, molti si aspettavano unalta astensione e la vittoria di un candidato conservatore. Al contrario, vi è stata unalta affluenza alle urne e ha vinto, a sorpresa, un candidato moderato. I leader del movimento di opposizione al regime che fece tremare lIran nel 2009 sono tuttora agli arresti o costretti a vivere allestero. Sono dunque mancate voci che chiedessero cambiamenti radicali nelle settimane precedenti alle elezioni.
Daltra parte, dopo le violente repressioni subite dal movimento dellOnda Verde, oggi i riformisti devono essere molto più prudenti e circospetti. La selezione dei candidati operata dal Consiglio dei guardiani allinizio della campagna elettorale aveva chiuso le porte della competizione elettorale allex presidente Rafsanjani, notoriamente avverso a Khamenei. Tuttavia, sia lillustre escluso che un altro ex presidente moderato, Khatami, avevano cautamente appoggiato la candidatura di Hassan Rohani, risultato vincitore a sorpresa.
Le ragioni della vittoria di questultimo sembrano fondamentalmente due. Prima di tutto, i conservatori si sono profondamente divisi, presentando ben quattro candidati, variamente collegati ai Pasdaran, ad Ahmadinejad e a Khamenei. In secondo luogo, proprio laccorto bilanciamento fra moderazione e determinazione ha permesso ai riformisti da un lato di non rischiare la repressione e dallaltro di convincere larghi strati della popolazione a non ritirarsi nellastensione.
Cosa succederà dunque adesso? Non pare realistico aspettarsi cambiamenti radicali nella politica iraniana, né inversioni di rotta nello sviluppo del programma nucleare. Prima di tutto, Rohani dovrà comunque fare i conti con Khamenei, che rimane la Guida Suprema e quindi il vertice dello Stato, con importanti poteri effettivi. Inoltre, il nuovo presidente è un religioso e un politico prudente, non un leader movimentista. Infine, la scelta nucleare è largamente condivisa in Iran, un Paese dove è chiara la consapevolezza di essere una potenza regionale e in cui il nazionalismo è ben radicato. Tuttavia, Khamenei dovrà tenere conto del fatto che la maggioranza della popolazione è contraria allo strapotere dei Pasdaran, che negli ultimi anni hanno allargato sempre di più il loro raggio diretto di azione, dallambito della sicurezza a quello economico.
Se Rohani riuscisse a migliorare le condizioni delleconomia iraniana e a far rivestire un ruolo di rilievo al Paese sul piano internazionale, pur spostando la politica estera su una linea meno aggressiva nei confronti di Israele e dellOccidente, allora acquisirebbe un peso e unautorevolezza tali da poter tentare un cambiamento negli assetti di potere interni allIran. Si potrebbe creare un nuovo blocco di potere riformista in grado di allargare gli spazi di libertà e introdurre alcune riforme. In una strategia di questo tipo, sia gli Stati Uniti che lEuropa potrebbero avere un ruolo. Dovrebbero cercare di coinvolgere lIran in un serio dialogo politico ad ampio raggio sui molti temi scottanti della regione, dimostrando di saper ancora usare la diplomazia e uscendo dallarida alternativa a cui spesso assistiamo fra un uso ragionieristico degli strumenti economici, privo di un disegno politico generale, e il ricorso improvvisato e scomposto alla forza armata.
Daltra parte, dopo le violente repressioni subite dal movimento dellOnda Verde, oggi i riformisti devono essere molto più prudenti e circospetti. La selezione dei candidati operata dal Consiglio dei guardiani allinizio della campagna elettorale aveva chiuso le porte della competizione elettorale allex presidente Rafsanjani, notoriamente avverso a Khamenei. Tuttavia, sia lillustre escluso che un altro ex presidente moderato, Khatami, avevano cautamente appoggiato la candidatura di Hassan Rohani, risultato vincitore a sorpresa.
Le ragioni della vittoria di questultimo sembrano fondamentalmente due. Prima di tutto, i conservatori si sono profondamente divisi, presentando ben quattro candidati, variamente collegati ai Pasdaran, ad Ahmadinejad e a Khamenei. In secondo luogo, proprio laccorto bilanciamento fra moderazione e determinazione ha permesso ai riformisti da un lato di non rischiare la repressione e dallaltro di convincere larghi strati della popolazione a non ritirarsi nellastensione.
Cosa succederà dunque adesso? Non pare realistico aspettarsi cambiamenti radicali nella politica iraniana, né inversioni di rotta nello sviluppo del programma nucleare. Prima di tutto, Rohani dovrà comunque fare i conti con Khamenei, che rimane la Guida Suprema e quindi il vertice dello Stato, con importanti poteri effettivi. Inoltre, il nuovo presidente è un religioso e un politico prudente, non un leader movimentista. Infine, la scelta nucleare è largamente condivisa in Iran, un Paese dove è chiara la consapevolezza di essere una potenza regionale e in cui il nazionalismo è ben radicato. Tuttavia, Khamenei dovrà tenere conto del fatto che la maggioranza della popolazione è contraria allo strapotere dei Pasdaran, che negli ultimi anni hanno allargato sempre di più il loro raggio diretto di azione, dallambito della sicurezza a quello economico.
Se Rohani riuscisse a migliorare le condizioni delleconomia iraniana e a far rivestire un ruolo di rilievo al Paese sul piano internazionale, pur spostando la politica estera su una linea meno aggressiva nei confronti di Israele e dellOccidente, allora acquisirebbe un peso e unautorevolezza tali da poter tentare un cambiamento negli assetti di potere interni allIran. Si potrebbe creare un nuovo blocco di potere riformista in grado di allargare gli spazi di libertà e introdurre alcune riforme. In una strategia di questo tipo, sia gli Stati Uniti che lEuropa potrebbero avere un ruolo. Dovrebbero cercare di coinvolgere lIran in un serio dialogo politico ad ampio raggio sui molti temi scottanti della regione, dimostrando di saper ancora usare la diplomazia e uscendo dallarida alternativa a cui spesso assistiamo fra un uso ragionieristico degli strumenti economici, privo di un disegno politico generale, e il ricorso improvvisato e scomposto alla forza armata.
Il testo completo si trova su:
http://www.agensir.it/sir/documenti/2013/06/00264137_la_sorpresa_iraniana_ha_un_volto_moderato.html
http://www.agensir.it/sir/documenti/2013/06/00264137_la_sorpresa_iraniana_ha_un_volto_moderato.html