Iran, media più liberi grazie alle aperture di Rouhani
Con il nuovo presidente i giornali pubblicano dibattiti su argomenti un tempo proibiti. Dopo anni di censura diminuisce la stretta di servizi segreti e magistratura. Un ex politico del governo Kathami avverte però che è ancora troppo presto per parlare di vero cambiamento.
Teheran (AsiaNews/ Agenzie) – Storie e foto di dissidenti politici arrestati, dibattiti sulle sanzioni Usa e sulle responsabilità dei politici, maggiori possibilità di rapporti l’estero. Sono alcuni effetti delle piccole aperture fatte dal governo Rouhani a favore dei media iraniani, per oltre un decennio vittime della censura dei servizi segreti.
Un esempio di questi cambiamenti è la storia di Ali Aalaei , direttore del quotidiano Iran Etemaad che lo scorso mese è riuscito a pubblicare la vicenda di Mohsen Safaei Farahani dissidente arrestato nel 2009 e condannato a sei anni di carcere per aver contestato la vittoria alle elezioni di Ahmadinejad. Aelei racconta che l’articolo è corredato da molte fotografie che mostrano il volto angosciato dell’uomo durante il processo. Una delle fotografia è stata messa in copertina, fatto impensabile fino a pochi mesi fa. “Abbiamo avuto una buona reazione – sottolinea Aelaei – le restrizioni sono notevolmente diminuite”. Il direttore dell’Iran Etemaad è solo uno dei giornalisti che stanno approfittando delle nuove aperture del governo Rouhani. Diversi quotidiani e settimanali non ufficiali sono riemersi dall’ombra e da settembre si possono leggere articoli che descrivono argomenti tabù come le sanzioni economiche e si interrogano sull’utilità del vecchio slogan “morte all’America”.
Saba Azarpik, giornalista che ha lavorato per numerose testate fra cui Etemaad, racconta che durante il secondo mandato di Ahmadinejad , i redattori erano costretti a inviare le bozze dei loro giornali ai servizi di intelligence che vagliavano le notizie e ne decidevano o meno la pubblicazione. “Oggi – spiega Azarpik – nessuno manda anticipo copie , ci sono meno tabù , un minor numero di chiamate da parte della magistratura per spiegare i nostri articoli”.
Tuttavia secondo molti iraniani si tratta di una falsa alba, frutto solamente del nuovo approccio più conciliante nei confronti degli Stati Uniti volto ad ottenere una riduzione delle sanzioni e no di un vero e proprio cambiamento.
In passato le autorità iraniane hanno spesso ridotto e in seguito aumentato le libertà dei media. Dopo l’elezione nel 1997 del riformista Mohammad Khatami vi fu un fiorire di nuove pubblicazioni, che in pochi anni avevano sdoganato una serie di tematiche compresa la critica dell’establishment religioso. L’ondata di libertà si è spenta con la salita al potere del conservatore Ahmadinejad. Durante il suo doppio mandato dell’ex pasdaran ha chiuso più di 150 giornali.
Aliasghar Ramezanpoor, vice-ministro della cultura del governo Khatami e ora residente nel Regno Unito, sostiene che è troppo presto per parlare di reali aperture. “La stampa – afferma – non ha ancora sfidato le line rosse stabilite dai potenti come in passato”. Secondo l’ex politico i dibattiti attuali sono per lo più limitati a temi consentiti dalle autorità, come ad esempio il rapporto con gli Stati Uniti.
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