LIBIA – ( 29 Maggio )

Libia, si dimette presidente del Congresso per la nuova legge sull’epurazione politica



Un soldato è stato ucciso nelle ultime ore in un attacco contro una pattuglia dell’esercito libico a Bengasi, nell’est della Libia. Intanto nel Paese, a quasi due anni dalla caduta del regime di Gheddafi, fanno molto discutere le dimissioni di Mohammed Magarief, il presidente del Congresso nazionale. Magarief è stato ambasciatore della Libia di Gheddafi prima del 1980 e poi è diventato uno dei leader dell’opposizione in esilio. Si è dimesso in base alla nuova “‘Political isolation law”, la legge che vieta a chiunque abbia servito il regime del Colonnello dal colpo di Stato del 1969 fino alla caduta del 2011 di ricoprire incarichi politici. La norma è stata approvata il 5 maggio scorso ed entrerà in vigore il 5 giugno. Della legge e del clima nel Paese, Fausta Speranza ha parlato con Gabriele Jacovino, coordinatore degli analisti del Centro studi internazionali:RealAudioMP3

R. – Le varie milizie tribali che ancora sono attive in Libia cercano di dettare un’agenda politica, seppure possiamo parlare di agenda politica per la decisione del governo di portare avanti questa legge – di fatto approvata dietro minaccia delle milizie che tenevano sotto assedio il Ministero della difesa e il Ministero degli esteri fino alla settimana scorsa. E’ comunque una legge che potrà avere risvolti pericolosi per l’intera stabilizzazione del Paese, perché il presidente del Congresso nazionale libico è la prima vittima “eccellente” di questa legge, avendo lui avuto dei legami con il passato regime, ma non è l’unico. Anche lo stesso presidente libico, lo stesso primo ministro, potrebbero essere i prossimi a doversi dimettere.

D. – Questo può essere motivo di ulteriore instabilità nel Paese?

R. – Assolutamente sì. Le nuove istituzioni libiche cstavano omunque cercando di compiere passi in avanti verso una stabilizzazione del Paese, la quale, se fino a due settimane fa era lontana, in questo momento è ancora più lontana. Anche perché il venir meno di cariche istituzionali così importanti può solamente far cadere il Paese in una crisi istituzionale di cui in questo momento è difficile prevedere la fine.

D. – Parliamo della gente, parliamo del clima nel Paese…

R. – Il clima nel Paese è quello, appunto, di una nazione che dev’essere ricostruita fin dalle proprie fondamenta, sia politiche sia istituzionali ma anche sociali, perché dopo la venuta meno del regime di Gheddafi sono state le strutture tribali a prendere il posto di quelle statali. Quindi, di fatto è un Paese molto diviso al proprio interno, dove le cariche istituzionali non riescono a trasmettere un senso di Paese, un senso di istituzione, un senso unitario.

D. – Quanto è grave il rischio che questa debolezza della Libia possa aprire al rafforzamento di gruppi qaedisti, in quella zona?

R. – Sicuramente, il vuoto di potere lasciato dalle istituzioni libiche del post-Gheddafi ha aperto e continua ad aprire spazi per l’avanzata di gruppi qaedisti o di ispirazione qaedista, non solo libici ma facenti capo a vari gruppi attivi in tutto l’arco nordafricano, ma anche nella regione del Sahel. Possono trovare in Libia uno spazio di azione anche e soprattutto perché il territorio del Mali – che negli ultimi anni era diventato un po’ un paradiso per questi gruppi qaedisti – è venuto meno dopo l’operazione francese. Il territorio libico potrebbe sostituire in un certo senso il territorio del Mali nel dare un retroterra logistico a questi gruppi.

D. – Secondo lei, potrebbe esserci una qualche influenza sul dibattito attorno a questa legge da parte della comunità internazionale?

R. – Sicuramente, è necessaria a questo punto l’influenza della comunità internazionale, o un impegno maggiore della comunità internazionale in Libia, per aiutare le istituzioni libiche in un processo di stabilizzazione nel post-Gheddafi. Senza un impegno forte della comunità internazionale, ma anche delle organizzazioni internazionali – in primis, l’Onu – la Libia rischia veramente di rimanere in un “limbo” di anarchia e di divisioni tribali da cui sarà difficile uscire.

Testo proveniente dalla pagina

 

del sito Radio Vaticana
condividi su