ONU/PALESTINA – (29 Settembre)

Decisioni coraggiose Mons. Mamberti all'Onu

“Se si vuole la pace, è necessario adottare decisioni coraggiose”. Lo ha detto mons. Dominique Mamberti, segretario per le relazioni della Santa Sede con gli Stati, parlando il 27 settembre all’assemblea generale delle Nazioni Unite della richiesta del riconoscimento della Palestina come Stato presentata il 23 settembre. Mons. Mamberti ha auspicato che “gli organi competenti delle Nazioni Unite prendano una decisione che aiuti a raggiungere effettivamente l’obiettivo finale, vale a dire, la realizzazione del diritto dei palestinesi ad avere un proprio Stato indipendente e sovrano e del diritto degli israeliani alla sicurezza, ambedue gli Stati dotati di confini internazionalmente riconosciuti”. “La risposta delle Nazioni Unite, qualunque essa sia, non costituirà una soluzione completa. La pace duratura potrà essere raggiunta solo attraverso negoziati di buona fede tra israeliani e palestinesi”, ha aggiunto. Mons. Mamberti ha anche sottolineato che “i cristiani sono attualmente il gruppo religioso che subisce il più grande numero di persecuzioni a causa della sua fede”, facendo riferimento ai cristiani d’Oriente. “La mancanza e il rispetto della libertà religiosa rappresenta una minaccia per la sicurezza e la pace e impedisce la realizzazione di un autentico sviluppo umano”.

Patriarcato latino. Le reazioni, tutte positive, dalla Chiesa di Terra Santa non si sono fatte attendere. “Aspettavamo questa dichiarazione. I vescovi della Terra Santa sono in grande sintonia con l’appello della Santa Sede”, dichiara al SIR mons. William Shomali, vescovo ausiliare di Gerusalemme. L’auspicio del rappresentante vaticano, ovvero la realizzazione del diritto dei palestinesi ad avere un proprio Stato indipendente e sovrano e del diritto degli israeliani alla sicurezza, ha sottolineato il vescovo, “ci trova completamente d’accordo, in quanto è una posizione da tutti condivisa, come scritto anche nella dichiarazione delle Chiese di Gerusalemme del 13 settembre”. In quel testo, siglato da 11 leader cristiani, tra i quali il patriarca latino Fouad Twal, il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, Mounib Younan, della Chiesa luterana evangelica di Giordania e Terra Santa, e Teofilo III, patriarca greco-ortodosso, si ribadiva la soluzione di “due Stati per i due popoli, la necessità di negoziati, Gerusalemme città condivisa da israeliani e palestinesi e dai fedeli delle tre religioni”. Secondo i leader cristiani, “la soluzione di due Stati serve alla giustizia e alla pace: israeliani e palestinesi devono vivere ognuno all’interno dei propri Stati indipendenti in pace e giustizia, nel rispetto dei diritti dell’uomo e conformemente al diritto internazionale”. Per raggiungere tale scopo “il mezzo migliore è il negoziato” e, per questo motivo, “palestinesi e israeliani dovrebbero accettare qualsiasi risultato del voto Onu”. Per mons. Shomali è, dunque, “importante che la Santa Sede abbia ribadito l’urgenza di riprendere i negoziati con determinazione”.

Custodia francescana. “La posizione della Santa Sede ricalca quella di molti Paesi del mondo. Riconosce un dato di fatto ma, allo stesso tempo, chiede che i palestinesi abbiano la loro casa”. È il commento alle parole di mons. Mamberti del custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, che al SIR sottolinea come “la Santa Sede abbia riconosciuto una legittima aspirazione dei palestinesi esortando nel contempo le due parti al dialogo”. Per il custode, il riferimento di mons. Mamberti “alla risoluzione 181 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, del 29 novembre 1947, che pone la base giuridica fondamentale per l’esistenza di due Stati”, è “un richiamo indiretto all’Onu a riprendere un ruolo centrale nella questione”. Dal discorso del rappresentante vaticano a quello di Abu Mazen del 23 settembre scorso: “Le parole del premier palestinese davanti all’Assemblea – è il parere di padre Pizzaballa – hanno suscitato la soddisfazione di molti cristiani locali. L’attesa, al di là dell’esito che potrà avere la mozione palestinese, è che la questione israelo-palestinese ritorni al centro dell’agenda internazionale”. Stessa soddisfazione anche per mons. Shomali: “I cristiani palestinesi hanno sostenuto e apprezzato l’intervento del premier palestinese ritrovando dignità nelle sue parole. Si sono identificati con ciò che ha detto in assemblea. Non ha parlato di uno Stato islamico ma di Stato palestinese che vuol dire laico. È stato molto moderato anche se l’Islam ha grande importanza visto che è professato dal 98% della popolazione. Ha ridato dignità a tutti i palestinesi, cristiani e musulmani senza distinzioni”.


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