SIRIA – ( 15 Gennaio )

Siria: attentato all’università di Aleppo, oltre 80 morti



Oltre 120 morti: è il bilancio delle violenze di ieri in Siria fornito dagli attivisti. Due i principali teatri di guerra: Homs ed Aleppo dove un attentato ha centrato in pieno l’università, uccidendo almeno 82 persone. Si combatte ancora anche a Damasco, Daraa, ed Hama; resta alta poi l’emergenza profughi: migliaia di persone in queste ore sono ammassate al confine con la Giordania. Cecilia Seppia:RealAudioMP3

Pioggia di bombe su Homs sganciate dai jet dell’aviazione siriana fin dalle prime luci dell’alba, poi nel pomeriggio un attentato terroristico ha scosso Aleppo: bersaglio l’università della città, colpita da una fortissima esplosione le cui cause però non sono ancora state accertate. Per i ribelli si è trattato di un raid aereo compiuto dalle truppe di Assad, mentre una fonte militare parla di un missile terra-aria lanciato dai militanti anti-regime sul Campus, che di fatto si trova in una zona controllata dai lealisti. Altre fonti infine dicono che l’attacco sia stato provocato da un’autobomba, piazzata tra i dormitori e la facoltà di Architettura, completamente distrutta. Scontri si consumano pure a Damasco ed Hula, Homs e Daraa, dove è rimasto ucciso anche un leader dei ribelli. Tra le vittime ancora numerosi bambini, dopo la strage di ieri con 31 minori lasciati sul terreno. Grave resta l’emergenza profughi. Intanto 57 Paesi della Comunità internazionale, capeggiati dalla Svizzera, denunciando le tante violazioni dei diritti umani compiute dal regime, hanno inviato una lettera al Consiglio di Sicurezza dell’Onu per chiedere l’intervento della Corte penale internazionale.

E intanto si levano voci contro le violazioni dei diritti umani da parte di Damasco: senza un’azione contro l’impunità, non ci sarà pace duratura in Siria. Per questo, 57 Paesi, capeggiati dalla Svizzera, hanno inviato ieri una lettera al Consiglio di Sicurezza dell’Onu per chiedere l’intervento della Corte penale internazionale (Cpi). Un provvedimento sollecitato da Amnesty International dall’aprile del 2011, un mese dopo lo scoppio delle ostilità tra il governo di Assad e le opposizioni. Roberta Gisotti ha intervistato Riccardo Noury, portavoce dell’organizzazione umanitaria:RealAudioMP3

D. – Che cosa si spera di ottenere con questa lettera?

R. – Di superare una paralisi che ormai va avanti da quasi due anni all’interno del Consiglio di sicurezza. Non soltanto comitati internazionali per i diritti umani e organizzazioni non governative chiedono che si faccia qualcosa per porre fine all’impunità e ai crimini contro l’umanità, ai crimini di guerra commessi in Siria: il fatto che ci siano ora 57 Stati membri dell’Onu è un segnale importante. Potrebbe essere quello decisivo per avviare finalmente un’indagine da parte del procuratore della Corte penale internazionale.

D. – Intanto, la gente continua a morire in Siria. Un nuovo Rapporto, in questi giorni, dell’organizzazione umanitaria Irc, “International Rescue Committee”, denuncia non solo l’uccisione di tanti minori, ma anche lo stupro sistematico di donne. Vi risulta questo terribile fenomeno?

R. – Risulta difficile dire quanto sia pianificato, sistematico e possa essere in qualche modo analogo ad altri casi drammatici del genere, come accaduto in Bosnia e in Rwanda. Non credo siano a quei livelli. E’ certo che anche nelle ricerche effettuate da Amnesty International ci sono stati casi – in particolare nel contesto delle torture, all’interno delle carceri, e durante i raid a terra compiuti dopo i bombardamenti aerei – di violenza e stupro nei confronti di civili, in particolare donne, che sono stati confermati dai nostri ricercatori.

D. – Nella prassi che cosa si può fare?

R. – Intanto, il Consiglio di icurezza dovrebbe togliere quell’ombra di sospetto, un po’ più di un sospetto, che non abbia interesse o abbia perso la volontà, semmai ce l’abbia avuta, di proteggere i civili in Siria. Amnesty International continua a chiedere che ci sia il deferimento alla Corte penale internazionale della Siria rispetto a tutte le parti sospettate di aver commesso i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità. Occorre che i Paesi, gli Stati membri delle Nazioni Unite, esercitino la giurisdizione universale nei confronti di chiunque sia sospettato di avere commesso crimini di guerra e crimini contro l’umanità, che si trovi nei loro Paesi. E certamente, se c’è ancora un margine per una soluzione che non contempli il ricorso alle armi, questa soluzione va esplorata fino in fondo. Resta comunque il problema enorme di chi può sedersi intorno ad un tavolo, riconoscendo nell’altro un interlocutore in un negoziato di pace, su questo potrebbe essere purtroppo troppo tardi. Qualunque cosa accada, c’è una questione che Amnesty International ritiene fondamentale: interrompere l’impunità. Non è possibile per il futuro della Siria che quell’eredità di decenni di repressione vada avanti in maniera impunita.

D. – Nel gruppo di Paesi firmatari è l’Italia, non ci sono Stati Uniti, Russia e Cina. Come valutare queste assenze?

R. – E’ come se ci fosse un’altra stanza, un altro luogo all’interno delle Nazioni Unite, in cui i grandi si riuniscono per fare qualcosa che non è nient’altro che inconcludente retorica fino a oggi. Noi siamo passati in questi due anni quasi dal “cento” – che era quello di minacciare la guerra, ogni volta peraltro spostando in avanti la linea rossa, da non oltrepassare – allo “zero”, che è il veto posto da Russia e Cina, in particolare su ogni tentativo significativo di fare una risoluzione da parte del Consiglio di sicurezza, che avesse a che fare con i diritti umani. Quindi, l’idea che ci siano degli Stati membri che pungolano le grandi potenze, le maggiori responsabili di questa retorica inconcludente, è un fatto positivo. Preoccupa certo che poi risultino quasi i destinatari, come se ci fossero due Nazioni Unite, di chi spinge per un intervento della Corte penale internazionale e chi riceve questo invito.

 
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