Emergenza fame in Siria a 11 anni dallo scoppio del conflitto
Fausta Speranza – Città del Vaticano
Almeno 12,4 milioni di persone rischiano la fame in Siria. È quanto denuncia “Azione contro la Fame”, organizzazione umanitaria internazionale specializzata nella lotta contro la fame e la malnutrizione infantile, in occasione dell’undicesimo anniversario dello scoppio della guerra in Siria, il 15 marzo del 2011. Il numero di siriani considerati a rischio insicurezza alimentare è al livello più alto dell’ultimo decennio. Il costo medio del cibo, all’interno del Paese, è stato negli ultimi mesi il più alto mai registrato, come racconta Orazio Ragusa portavoce di Azione contro la fame:
Ascolta l’intervista con Orazio Ragusa
Ad oggi – riferisce Ragusa – i bisogni in Siria superano, di gran lunga, la capacità delle famiglie di far fronte all’alta inflazione e ad una economia sempre più in difficoltà. Il Paese – sottolinea – sta affrontando una crisi multipla e interconnessa. L’iperinflazione fa sì che, ogni giorno, i siriani possano permettersi meno del necessario per sopravvivere. Il loro potere d’acquisto si sta erodendo di giorno in giorno. I beni necessari – acqua, cibo, carburante ed elettricità – sono fuori dalla portata delle famiglie che spendono, in media, il 50 per cento in più del loro reddito. La popolazione non può più permettersi l’acquisto di carburante per far funzionare i generatori che alimentano case, trasporti o infrastrutture idriche. Molti siriani dispongono, oggi, di meno di 4 ore di elettricità pubblica al giorno. I contadini, inoltre, hanno minori risorse per pianificare le piantagioni nei loro campi e, allo stesso tempo, i costi di irrigazione delle loro colture e di trasporto al mercato sono più alti. Secondo i rapporti delle Nazioni Unite, il conflitto in Ucraina potrebbe portare ad una carenza di forniture di grano nella regione, con un impatto sui prezzi dei prodotti alimentari di base come il pane e la farina. Azione contro la Fame lavora in Siria dal 2008 con l’obiettivo di ridurre la fame e i rischi per la salute tra le comunità più vulnerabili, sia con interventi di emergenza che con un sostegno sostenibile, a lungo termine, per costruire la resilienza. L’anno scorso – riferisce Ragusa – l’organizzazione ha aiutato 1,3 milioni di persone sul versante dell’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici, migliorando le strutture sanitarie e l’accesso al cibo. Quest’anno, in un momento in cui l’attenzione globale e i finanziamenti stanno diminuendo, 14,6 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria per soddisfare le loro esigenze di base.
Il peso dei cambiamenti climatici
Ragusa ricorda che anche gli shock ambientali, come le scarse precipitazioni, contribuiscono a generare insicurezza alimentare. Quest’anno la Siria ha affrontato la peggiore siccità degli ultimi 70 anni: un evento che, di fatto, ha paralizzato i raccolti previsti. Secondo quanto verifica sul campo l’associazione Azione contro la fame, la produzione di grano nel 2021 è stata di poco più di un milione di tonnellate, in calo rispetto ai 2,8 milioni di tonnellate del 2020, e corrispondente solo ad un quarto della media di prima della crisi, cioè di oltre 4 milioni di tonnellate all’anno nel periodo 2002-2011.
La necessità di interventi a lungo termine
Con l’aumento dei bisogni – chiarisce Ragusa – sono necessarie soluzioni a lungo termine per ridare speranza, dignità e autosufficienza alla popolazione. I finanziamenti a lungo termine, pluriennali e flessibili possono permettere agli attori umanitari di rispondere ai bisogni di emergenza e porre le basi per soluzioni sostenibili. È urgente includere il ripristino delle infrastrutture e la garanzia dell’accesso ai civili ai servizi di base come le reti idriche, le reti di irrigazione, l’istruzione e la sanità pubblica.
L’eco del conflitto in Ucraina
Ragusa ricorda che il conflitto in Ucraina provoca effetti su larga scala. Influenza i prezzi delle commodity, cioè dei beni indifferenziati, le rotte migratorie e le relazioni di fiducia nei vari mercati. Danni disastrosi che oggi è impossibile quantificare – sottolinea Ragusa – ma che avranno effetti anche sul lungo periodo. Salgono i prezzi delle materie energetiche, ma anche del cibo, che riguardano sia quelli direttamente importati da Ucraina e Russia, sia quelli che arrivano da altri Paesi. Un tempo definiti granaio d’Europa – spiega Ragusa – i due Stati non riforniscono più una grossa percentuale di grano al Continente europeo, ma forniscono diversi Paesi del Terzo Mondo. Con lo stop delle esportazioni, l’aumento della domanda sta già causando scarsità nelle forniture e facendo lievitare i prezzi.
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