Siria: ancora molti ostacoli per la conferenza di pace “Ginevra 2”
Il vicepremier siriano Qadri Jamil da Mosca ha annunciato ieri che la conferenza di pace Ginevra 2 si terrà il 23 e 24 novembre. La notizia è stata riportata con cautela dalle cancellerie internazionali, che non si sono volute sbilanciare sulla data. Di certo questo appuntamento, rimandato più volte, si conferma di primaria importanza per il futuro della Siria, nonostante molti rimangano gli ostacoli: tra i principali figurano le divisioni tra forze dell’opposizione, sia a livello politico sia sul campo. Ma chi rappresenterà la Siria a Ginevra? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Stefano Torelli, ricercatore Ispi:
R. – Questo chiaramente è uno dei nodi che in realtà sono ancora da sciogliere. Cè da vedere se si riuscirà a raggiungere un compromesso sul fatto che la Siria sia rappresentata dal regime di Assad; probabilmente non da Assad in persona, però comunque da figure a lui vicine che ancora oggi rappresentano in via ufficiale il governo siriano. Lopposizione siriana su questo è totalmente in disaccordo e già in altre occasioni aveva minacciato di non partecipare o comunque di boicottare la Conferenza internazionale qualora vi fosse la presenza di uomini vicini al regime o comunque appartenenti al regime di Assad.
D. – Una grande incognita è rappresentata anche dal coinvolgimento nella conferenza dellIran che, come potenza regionale, ambisce ad una presenza importante. Le aperture del neo presidente Rohani porteranno la Repubblica islamica a Ginevra, o no?
R. Ora, rispetto a qualche settimana fa, è più probabile che lIran possa essere coinvolto in maniera non ufficiale; questo è stato comunque ribadito anche dagli stessi Stati Uniti, ma in parte anche da altre cancellerie occidentali. Sicuramente “Ginevra 2” potrà essere un altro banco di prova, non solo per quanto riguarda la crisi siriana, ma anche per questioni a latere, tra cui quella del maggior coinvolgimento o meno dellIran allinterno di questioni che conivolgono la Comunità internazionale.
D. – Altro attore importante dellintricata vicenda siriana è sicuramente la Turchia di Erdogan che, dallinizio ha puntato sullopposizione e che ora, proprio per la deriva islamista di questultima, si trova molto in difficoltà anche nei confronti della Comunità internazionale. Come si comporterà Ankara?
R. – La posizione della Turchia ormai è comunque abbastanza chiara. Il Paese continua a perseguire la propria politica, che è quella volta a far sì che il regime di Assad cada. Erdogan più di una volta, e anche il ministro degli Esteri, Davutoglu, hanno insistito affinché gli sforzi della Comunità internazionale verso un intervento diretto in Siria portassero effettivamente a unazione militare che potesse far cadere Assad. La Turchia continuerà a seguire questa strada. Sicuramente il fatto che ci siano elementi islamisti, radicali, jihadisti – se così vogliamo chiamarli -, allinterno della galassia dellopposizione siriana, mette un po in difficoltà la Turchia, come del resto mette in difficoltà tutti gli altri attori internazionali tra cui gli Stati del Golfo, gli Stati Unti, che hanno questo dilemma: da un lato, appoggiare lopposizione siriana, ma dallaltro dover fare i conti con unopposizione siriana al cui interno si trova una delle frange più importanti che sembra essere proprio quella dellislam radicale.