R. Penso che la situazione della Siria sia emblematica per quanto riguarda i paradossi della politica internazionale. Quello siriano è uno dei regimi più feroci e più invisi allOccidente, eppure questa transizione fa molta più fatica rispetto a quella avvenuta in Tunisia ed Egitto, che erano visti come Paesi moderati e a noi più prossimi. Ho paura che questo bagno di sangue che sta sconvolgendo il Paese non abbia sbocchi, perché non ci sono in ballo interessi più generali possano spingere in tale direzione e continuano quindi ad imporsi le vecchie logiche.
D. Cosa possiamo dire della missione degli osservatori della Lega araba, che ormai ha ammesso gli errori fatti sul territorio e, per questi stessi errori, sarebbe anche pronta a chiedere il sostegno dellOnu?
R. Credo che i rappresentanti dei Paesi arabi siano ancora funzionari di regimi o di ex regimi. La cosa che più li impaurisce, probabilmente, è lulteriore contagio, leffetto-domino che può diffondersi ancora di più nellarea, e quindi si trovano lì per fare, per così dire, il meno possibile. Questo appellarsi allOnu è alquanto paradossale, perché hanno sempre contestato il fatto che lOnu fosse “super partes” in questioni come quella palestinese o simili. Siamo veramente in una situazione di stallo.
D. La Lega araba, attraverso Hamas, ha comunque chiesto alla Siria di porre fine alle violenze
R. Questo è inevitabile: in fondo, si tratta di cittadini disarmati che vengono uccisi dal loro stesso governo. Questa, alla lunga, è una cosa che ripugna e che non può stare in piedi. Penso che il regime di Damasco avrebbe dovuto muoversi da tempo per guidare la transizione piuttosto che subirla. Evidentemente, però, stanno prevalendo le frange oltranziste, anche interne.
D. In questo quadro si estende il fronte dei dissidenti: in queste ore, anche un alto generale ha voltato le spalle a Damasco. Cosa possono fare?
R. Sono certamente delle figure simboliche, che però danno un segnale molto preoccupante, che siamo cioè alle soglie o addirittura già allinterno di una guerra civile. Questo, forse, è uno degli elementi che preme maggiormente la diplomazia internazionale per intervenire con decisione, perché ci sono fattori etnico-religiosi che potrebbero trasformare la Siria in un altro Iraq: a ridosso di Israele, in una zona così delicata, ovviamente questa possibilità spaventa tutti.
D. Finché ci sarà lopposizione della Cina e della Russia, in sede del Consiglio di sicurezza dellOnu, probabilmente non ci sarà un avanzamento o una novità significativa nella crisi siriana
R. Potrebbe essere anche un buon alibi, perché non credo che i Paesi occidentali possano fare, in Siria, qualcosa di simile a ciò che è stato fatto in Libia, anche perché mancherebbero le condizioni per farlo. Tutto sommato, quindi, può anche far comodo che qualcuno dica di “no”, per affermare che si hanno le mani legate. (vv)