TENSIONI INTERNAZIONALI
Un allarmante groviglio
Dalla Siria all’Iran, dall’Afghanistan alla Cina
Francesco Bonini
È la Siria a catalizzare in questi giorni lattenzione internazionale. Come spesso accade tuttavia le partite diplomatiche sono complesse e a molteplici livelli. In realtà sulla Siria non si continua a giocare semplicemente la partita delle cosiddette primavere, che pure in Tunisia, Egitto e Libia hanno avuto esiti assai diversi.
Regime laico, quello di Damasco, ma alleato con lIran, ha svolto finora un ruolo importante tra lIran e il Libano e, dunque, Israele. Nel momento in cui la questione del nucleare iraniano si avvia a un passaggio cruciale, è evidente che la posizione del Paese governato da Assad diventa particolarmente delicata. La Siria, infatti, da alcuni punti di vista può rappresentare una sorta di antemurale dello stesso Iran.
Daltra parte, su questo asse strategico il conflitto cioè non dichiarato sul nucleare iraniano, su cui si susseguono voci di un possibile intervento se ne innestano altri, come liniziativa regionale della Turchia, quella dei Paesi del Golfo e le preoccupazioni della stessa Russia a proposito della sua lunga frontiera islamica.
Le incognite sono, dunque, moltissime, mentre la gente continua a morire.
Il risultato è che le tensioni si auto-alimentano e sono destinate probabilmente ad acutizzarsi finché la partita sul nucleare non avrà trovato una sua ragionevole soluzione. Si tratta, infatti, di una questione anche interna al regime iraniano, in un gioco a molteplici livelli, sempre più complesso e difficile da decifrare.
Siamo così ad un altro tema, relativo al ruolo degli Stati Uniti, di cui non si può sottovalutare il rilievo. È in atto un ripensamento della strategia di quella che resta la prima e lunica potenza globale e per di più siamo allinizio dellanno elettorale, una variabile ulteriore che può giocare in diverse direzioni, anche tenuto conto della progressiva chiusura dei logoranti impegni in Iraq prima e poi ora in Afghanistan. Né si può trascurare la questione dellapprovvigionamento del petrolio e quella connessa della crisi finanziaria globale, che forse si potrebbe (cinicamente) avvantaggiare da una fiammata inflazionistica dovuta appunto a una crisi petrolifera. È questo anche uno dei motivi dellatteggiamento prudente e attendista che la Cina sta tenendo al Consiglio di sicurezza dellOnu.
Il groviglio, infatti, tenendo conto anche dei sempre contraddittori interessi del sistema finanziario globalizzato, tende ad aumentare, non certo a semplificarsi. Anche perché la crisi morde sullo stesso Iran: il 2 marzo si terranno le elezioni parlamentari. Sarà unoccasione cruciale per cogliere lo stato degli equilibri interni e le tendenze in atto. Di qui forse passa quella risposta di pace alle molteplici tensioni che si stanno accumulano e che attualmente deflagrano appunto in Siria. È la risposta che tutti vorremmo attendere, per la definizione di un equilibrio ragionevole. Ma appare sempre meno scontata.
Regime laico, quello di Damasco, ma alleato con lIran, ha svolto finora un ruolo importante tra lIran e il Libano e, dunque, Israele. Nel momento in cui la questione del nucleare iraniano si avvia a un passaggio cruciale, è evidente che la posizione del Paese governato da Assad diventa particolarmente delicata. La Siria, infatti, da alcuni punti di vista può rappresentare una sorta di antemurale dello stesso Iran.
Daltra parte, su questo asse strategico il conflitto cioè non dichiarato sul nucleare iraniano, su cui si susseguono voci di un possibile intervento se ne innestano altri, come liniziativa regionale della Turchia, quella dei Paesi del Golfo e le preoccupazioni della stessa Russia a proposito della sua lunga frontiera islamica.
Le incognite sono, dunque, moltissime, mentre la gente continua a morire.
Il risultato è che le tensioni si auto-alimentano e sono destinate probabilmente ad acutizzarsi finché la partita sul nucleare non avrà trovato una sua ragionevole soluzione. Si tratta, infatti, di una questione anche interna al regime iraniano, in un gioco a molteplici livelli, sempre più complesso e difficile da decifrare.
Siamo così ad un altro tema, relativo al ruolo degli Stati Uniti, di cui non si può sottovalutare il rilievo. È in atto un ripensamento della strategia di quella che resta la prima e lunica potenza globale e per di più siamo allinizio dellanno elettorale, una variabile ulteriore che può giocare in diverse direzioni, anche tenuto conto della progressiva chiusura dei logoranti impegni in Iraq prima e poi ora in Afghanistan. Né si può trascurare la questione dellapprovvigionamento del petrolio e quella connessa della crisi finanziaria globale, che forse si potrebbe (cinicamente) avvantaggiare da una fiammata inflazionistica dovuta appunto a una crisi petrolifera. È questo anche uno dei motivi dellatteggiamento prudente e attendista che la Cina sta tenendo al Consiglio di sicurezza dellOnu.
Il groviglio, infatti, tenendo conto anche dei sempre contraddittori interessi del sistema finanziario globalizzato, tende ad aumentare, non certo a semplificarsi. Anche perché la crisi morde sullo stesso Iran: il 2 marzo si terranno le elezioni parlamentari. Sarà unoccasione cruciale per cogliere lo stato degli equilibri interni e le tendenze in atto. Di qui forse passa quella risposta di pace alle molteplici tensioni che si stanno accumulano e che attualmente deflagrano appunto in Siria. È la risposta che tutti vorremmo attendere, per la definizione di un equilibrio ragionevole. Ma appare sempre meno scontata.
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