Tensione tra Siria e Israele. Ancora incertezza sullsuo di armi chimiche




Durante la visita del premier israeliano Netanyau a Shangai il ministro degli esteri cinese ha condannato duramente lattacco israeliano in Siria e ha chiesto a Israele di astenersi da ulteriori mosse militari. I toni contro Tel Aviv li alza pure Erdogan: i raid israeliani in Siria sono inaccettabili e nessun pretesto può giustificare queste operazioni. La Turchia e Israele proprio in questi giorni sono concentrate sul risarcimento per le vittime dellabbordaggio alla Freedom Flottilla avvenuto nel 2010, che raffreddò le relazioni tra i due Stati. Intanto è proprio Tel Aviv che conferma di un colpo di mortaio che dalla Siria si sarebbe abbattuto sul Golan occupato da Israele, senza provocare né danni né vittime. Si tratta del terzo attacco dopo i due razzi sparati ieri da parte siriana verso il territorio di Israele. Il mondo scruta le mosse di Tel Aviv, il cui reale obiettivo – secondo alcuni osservatori sarebbe lHezbollah libanese. Dal terreno non emerge ancora alcuna novità sul giornalista Domenico Quirico scomparso in Siria. Il ministro degli Esteri italiano Bonino ha commentato ieri: nessuna notizia non è un buon segnale.
E fa discutere la nota della Commissione Onu d’inchiesta sui crimini di guerra in Siria, da cui emerge che non ci sono prove “definitive” sull’uso di “armi chimiche durante il conflitto. Una presa di posizione che giunge all’indomani delle dichiarazioni di Carla Del Ponte, membro della commissione, la quale ha parlato dell’uso del gas sarin da parte dei ribelli. Sulla posizione dellOnu in relazione alluso di gas letali, Massimiliano Menichetti ha intervistato il prof. Claudio Lo Jacono, direttore della rivista “Oriente moderno”:
R. Ho sentito le dichiarazioni di Carla Del Ponte e parlava di possibilità, con indizi molto forti, ma lei stessa non ha mai dato la certezza che fossero state usate armi chimiche dai ribelli. Ha parlato di situazione verosimile. Secondo me, quindi, lOnu ha semplicemente sottolineato questo aspetto. Non mi sembra ci sia un vero e proprio contrasto.
D. Il segretario generale dellOnu, Ban Ki-moon, ha detto che entro 24-48 ore, nel momento in cui ci fosse il via libera di Damasco, sarebbe pronto a mandare inviati per accertare lutilizzo di queste armi chimiche. Succederà mai?
R. Che Damasco dia questo permesso, mi permetto di dubitarne. Naturalmente me lo auguro. Unautorizzazione a intervenire da parte dellOnu su un teatro caldissimo come quello della Siria non potrebbe che portare laccertamento della situazione a successivi sviluppi positivi, perché siamo veramente nel marasma delle informazioni e, in questa baraonda delle organizzazioni anti Assad. Si sa quello che pensa Assad e quello che vuole. Non abbiamo invece una chiarissima idea dello schieramento a lui avverso. E uno schieramento multiforme e totalmente disomogeneo, perché vi sono presenti patrioti e liberali. Ci sono fondamentalisti islamici, gruppi come si è anche visto anche nel sequestro del giornalista de La Stampa che fanno quasi una guerra a sé, in funzione puramente religiosa, contraria al regime alawita di Assad. Altri lottano per la libertà, per principi e nuovi orientamenti politici…
D. Stati Uniti e Russia sembrano avvicinarsi sulle strategie per risolvere la crisi siriana. Rimane distante la Cina…
R. Cè da augurarsi che questa comunione dintenti possa trovare un riscontro nella realtà. Non cè dubbio che la Cina e che la Russia abbiano in qualche modo tenuto in piedi il regime. Non so se con rifornimento anche di armi, ma in ogni caso, politicamente, hanno evitato un intervento più efficiente dellOnu. Da questo punto di vista, sono stati un ostacolo per la pacificazione. Sicuramente, un intervento pacificatore poteva avvenire molto tempo prima e sarebbe potuto avvenire se la Russia non avesse opposto il suo veto a misure contrarie ad Assad.
D. Le tensioni stanno aumentando nellarea anche per il raid israeliano di domenica in Siria
R. – Lattacco fa correre il rischio a Israele di un riavvicinamento, in qualche modo, non solo tra Siria e Arabia Saudita, ma anche tra Iran e Arabia Saudita, nel nome di un astratto dovere di solidarietà islamica.