ROMA, giovedì, 6 ottobre 2001 (ZENIT.org).- Quanto fatto finora, non è sufficiente. La Somalia ha bisogno di una leadership vera, ma purtroppo mancano i presupposti. Ad affermarlo è monsignor Giorgio Bertin, Vescovo di Gibuti ed Amministratore apostolico di Mogadiscio.
Attualmente i territori in mano ad al Shabaab la milizia fondamentalista islamica che dal 2007 combatte per riprendersi il Paese si estende dalla capitale Mogadiscio al profondo Sud (area arida nella quale vivono 2-3 milioni di persone) dove è, di fatto, impedito che gli aiuti arrivino per punire la resistenza di questa zona alla penetrazione del fondamentalismo islamico.
NellUdienza concessa mercoledì a monsignor Bertin e al Cardinale Robert Sarah, presidente di Cor Unum, Benedetto XVI ha invitato a non chiudere gli occhi sul silenzioso genocidio e nel corso del breve colloquio ha riferito monsignor Bertin ad ACS-Italia ho ringraziato il Papa per il caloroso benvenuto e per averci definito i rappresentanti dellimpegno della Chiesa che occorre rinnovare.
In Italia il Vescovo di Gibuti è stato raggiunto dalla notizia dellesplosione di un camion bomba a Mogadiscio. Lattacco, nel quale sono morte 65 persone, è avvenuto martedì scorso ed è stato immediatamente rivendicato dal Gruppo armato islamista al-Shabab [La Gioventù]. Sono addolorato, ma non stupito ha detto monsignor Bertin lattentato è una dimostrazione della fragilità istituzionale del governo di transizione, nonché della tendenza di al-Shabab di colpire il suo popolo.
Oltre agli impiegati statali, la bomba fatta esplodere alle porte di un compound, nella zona K4 della capitale che è sede di diversi Ministeri ha ucciso anche ragazzi e genitori radunati davanti ad una scuola.
Monsignor Bertin conosce bene la pericolosità di Mogadiscio: quattro anni fa, in seguito alluccisione di suor Leonella, missionaria della Consolata, ha dovuto abbandonare il Paese e trasferirsi a Gibuti: Senza un punto di appoggio sicuro è inutile rimanere. Anzi, in questo momento paradossalmente la mia presenza metterebbe a rischio i fedeli. Il presule teme infatti che la comunità islamica locale possa interpretare il suo ritorno come un gesto provocatorio e vendicarsi sui pochi cattolici rimasti (appena un centinaio).
Il mese scorso è stata firmata la cosiddetta Road Map un accordo sottoscritto dallautorità di transizione somala, insieme alla regione autonoma del Puntland (nel nord-est) e alla milizia filo-governativa Ahlu Sunna wal Jamaa e in questi giorni lUnione africana ha annunciato che lAmisom, il proprio contingente di peacekeeping in Somalia, prolungherà il suo impegno fino al 31 ottobre 2012.
Il rinnovo della loro presenza è utile ha dichiarato ad ACS monsignor Bertin così come gli accordi Road Map, ma ho qualche dubbio sulla loro effettiva applicazione e sulla determinazione con cui saranno sostenuti dalla comunità internazionale. Inoltre è da vedere se il Governo di transizione riuscirà ad estendere la propria autorità dalla capitale al resto del Paese.
Lobiettivo finale, senza il quale ogni intervento rimarrebbe puramente velleitario, è la messa in atto di un processo politico in grado di far rinascere lo Stato somalo, ma i presupposti mancano. Monsignor Bertin pensa alle centinaia di migliaia di somali in diaspora. Dobbiamo compiere un importante sforzo per coagulare quelle forze vive e capaci che sono ancora disperse e disunite. È un lavoro lungo che richiederà del tempo, ma è assolutamente necessario.
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