
Dopo quarantanni di guerra civile. Il caso del Sud Sudan è emblematico, perché logica vorrebbe che, con lottenimento dellindipendenza, dopo quarantanni di guerra civile, lo Stato fosse pacificato. In realtà, il conflitto continua, anzi, ce nè più di uno: Abyei, Blue Nile, sud Kordofan, Darfur. Sono le zone rimaste escluse dal referendum, perché si trovano sui confini tra Nord e Sud, e quindi vivono una situazione di particolare delicatezza. E poi il caso Sud Sudan è emblematico di tutta lAfrica, perché, come nel resto del continente, non cè solo petrolio. Il sottosuolo abbonda di risorse minerarie, ma anche lacqua, la terra, le vacche – riprende padre Moschetti – sono ricchezze di cui il Paese dispone in gran quantità. Il governo privilegia il petrolio perché dà una rendita immediata, ma concentrarsi troppo su questa risorsa, significa che non ci sono soldi, né idee per investire in altri settori. Eppure, pesca, commercio, agricoltura e allevamento potrebbero essere incrementati e diventare motori dello sviluppo. In Sud Sudan ci sono 31 milioni di capi di bestiame, tra capre, pecore a vacche. Queste ultime sono 12 milioni: una sorta di banca mobile. Per le due etnie dominanti – Dinka e Nuer – sono tutto. La vacca rappresenta lorgoglio, il patrimonio; è più importante, anche della donna che con le vacche si può comprare. Nonostante questo, non cè unindustria casearia, ma non cè neppure un embrione di riflessione su questo.
La terra nelle mani delle multinazionali. Per quanto riguarda la terra, se la stanno accaparrando le multinazionali estere. Lo stavano già facendo prima dellindipendenza. Uno studio nel 2010 rivelava che già allora il 9 per cento della terra era stato dato a grossi gruppi di investimento. Figuriamoci ora. Dopo lindipendenza, è arrivata gente da tutto il mondo – oltre che africani dei Paesi vicini, quali kenyani, ugandesi, eritrei, congolesi… -, attirata da investimenti legali e illegali. Questo non aiuta il Paese e, in mancanza di leggi, tutto è possibile. Limpunità è grande.
Il ruolo delle religioni. Al Sud la maggioranza è cristiana: il 60 per cento, tra cattolici e protestanti; ci sono sette diocesi. I musulmani sono pochissimi, per lo più dediti al commercio; le moschee si vedono solo nelle città. Al Nord, i cristiani sono 800mila (erano un milione e mezzo ma dopo lindipendenza, molti si sono trasferiti al sud), serviti da due diocesi. La Conferenza episcopale è unica per Nord e Sud. Qual è il ruolo della Chiesa oggi? La Chiesa – risponde padre Moschetti – si è data molto da fare nel passato per arrivare al Trattato di pace tra i due Stati, e anche per spiegare al popolo che era necessario che andasse a votare al referendum del gennaio 2011. Né lesercito di liberazione, né il governo transitorio avrebbero avuto la forza sufficiente a raggiungere la gente in maniera così capillare; non avevano buone capacità diplomatiche e neppure grande credibilità. Tutte caratteristiche di cui invece disponeva la Chiesa. Oggi la questione è diversa. Adesso cè una nuova situazione politica. Cè un presidente cattolico – Salva Kiir Mayardit -, che ha il sostegno sia dei cattolici che dei protestanti. Ma anche degli anglicani, il cui primate è Dinka, quindi della stessa etnia del presidente. Il che è molto importante in un Paese dove lappartenenza etnica è ancora molto forte. E la Chiesa lavora molto sulla riconciliazione tra le etnie, che sono piuttosto litigiose.
a cura di Romina Gobbo, caposervizio La Voce dei Berici, Vicenza
http://www.agensir.it/sir/documenti/2013/05/00261695_la_maledizione_del_petrolio.html