Pulizia etnica. Le due parole accompagnano il passaggio di mano in mano di un rapporto classificato come «confidenziale» redatto lo scorso mese da alcune agenzie delle Nazioni Unite (Unocha, Acnur, Pam, Fao) in collaborazione con altre organizzazioni umanitarie.
Il documento, che Avvenire ha potuto visionare, contiene accuse gravissime: la popolazione dei murle, presa di mira dallesercito sud-sudanese (Spla), è stata vittima di «uccisioni, stupri, rapimenti, torture, incendi delle abitazioni, saccheggi, massacri di bestiame e distruzione dei campi coltivabili». Il tutto, lontano, troppo lontano, dai riflettori della comunità internazionale.
Dopo diversi incontri con i rappresentanti dei murle arrivati nella capitale sud-sudanese, Juba (in tutto, circa 11mila persone), il rapporto descrive le ragioni per cui lo Stato del Jonglei si sta progressivamente svuotando. «I membri della comunità murle si legge nello studio sono vittima del ciclo di violenze che ha colpito Pibor e le contee limitrofe». Violenze che (nonostante la presenza di alcuni gruppi armati, tra i quali quello dei guerriglieri associati al leader ribelle David Yau Yau), i murle hanno attribuito al Governo del Sud Sudan (Goss), identificato come «il principale mandante delle violazioni dei diritti umani perpetrate nellarea».
«Diverse donne e bambine sono state rapite dallSpla hanno dichiarato gli sfollati murle che sono riusciti a fuggire mentre le abitazioni e i sacchi di cibo sono stati distrutti o derubati dai soldati». Sono oltre 150mila i civili che hanno lasciato il Jonglei con lintensificarsi della campagna dellSpla contro i ribelli cominciata verso linizio dellanno. «Tali operazioni da parte dellSpla fanno pensare a una vera e propria pulizia etnica», ha commentato sotto anonimato unoperatrice umanitaria associata al rapporto, «purtroppo, però, è difficile documentare con più precisione le accuse poiché la zona è tuttora inaccessibile».
Il Jonglei, il più grande dei dieci Stati del Sud Sudan, siede sopra enormi riserve petrolifere non ancora sfruttate a causa della ventennale guerra civile con il Nord finita nel 2005. Gli interessi nella regione sono delicatissimi. «Dopo aver diviso larea in tre blocchi, B1, B2 e B3 ha dichiarato settimana scorsa Henry Odwar, presidente del Comitato parlamentare sud-sudanese per lenergia e le miniere , la Total (Francia) ha iniziato a collaborare con la Exxon Mobil (Usa) e la Kufpec (Kuwait) nellesplorazione petrolifera del blocco B1 in Jonglei».
Le tensioni con il Sudan, accusato dal presidente sud-sudanese, Salva Kiir, di «fomentare le ribellioni in Jonglei», sono sempre altissime. Il Goss, infatti, sta lavorando da tempo allesportazione del proprio greggio, non più verso nord, ma attraverso lAfrica orientale e il Corno dAfrica, in particolare Gibuti. Ma per tali progetti è necessario trovare le risorse petrolifere adatte. Nel mezzo di queste dinamiche è la popolazione civile a soffrire perché incapace di difendersi.
Matteo Fraschini Koffi
Il testo completo si trova su:
http://www.avvenire.it/Mondo/Pagine/sud-sudan-pulizia-etnica.aspx#