Oasis in Tunisia: la rivoluzione incompiuta e il suo futuro
di Bernardo Cervellera
La Tunisia, il Paese arabo più laicizzato, dopo il successo della “rivoluzione dei gelsomini”, si trova a fronteggiare il pericolo di un islam salafita, foraggiato anche da al Qaeda, Arabia saudita e Qatar. La lotta fra diversi tipi di islam e del posto che la religione deve avere in una società moderna e pluralista. Le preoccupazioni delle minoranze cristiane. Il pragmatismo dell’occidente.
Roma (AsiaNews) – Il comitato scientifico di Oasis, la rivista sul dialogo islamo-cristiano fondata dal card. Angelo Scola, si raduna quest’anno a Tunisi il 18 e il 19 giugno per cercare di comprendere le piste della “rivoluzione dei gelsomini” che, iniziata proprio in Tunisia, si è diffusa nel mondo arabo scardinando vecchie dittature e equilibri e aprendo nuove tensioni e problemi.
Oltre 50 personalità da tutto il mondo – accademici, vescovi, esperti, giornalisti – si incontrano nella capitale per una serie di testimonianze, studi, discussioni sul tema: “La religione in una società in transizione. La Tunisia interpella l’Occidente”.
Quanto il tema sia attuale è evidente dal modo in cui si stanno evolvendo le rivoluzioni arabe. Cominciate come una “rivolta della dignità” per esigere lavoro, diritti umani, giustizia, democrazia, esse sono state via via sequestrate o messe in pericolo dall’islam fondamentalista e salafita, facendo tremare le stesse forze liberali che hanno iniziato il cambiamento.
La Tunisia è il simbolo più chiaro di questo travaglio: dopo l’autoimmolazione di Muhammad Bouazizi, che ha scatenato la scintilla della rivolta, e la cacciata del dittatore Ben Ali (fuggito in Arabia saudita), il Paese più laicizzato del mondo arabo si è trovato davanti a una rinascita dell’islam fondamentalista, prima fuorilegge. Le elezioni – che hanno visto la partecipazione dell’80% della popolazione, un fatto mai successo – hanno portato alla vittoria degli islamisti, raccolti nel partito Ennhada e dei salafiti. Questi ultimi lottano per costringere le donne a portare il velo e per rifare la costituzione, mettendo la sharia alla base della legislazione. Ennhada ha una posizione più moderata e rifiuta la sharia e gli aspetti più estremisti dell’islam, forse perché preoccupato delle conseguenze economiche che tali scelte potrebbero avere sul turismo e sul commercio.
All’inizio della settimana, i salafiti hanno attaccato una mostra d’arte a La Marsa in cui si esibivano opere “blasfeme” contro l’islam, bruciandone alcune. La polizia ha arrestato 50 salafiti, accusati di terrorismo. Un giorno dopo, il 13 giugno scorso, un tribunale militare ha condannato in contumacia Ben Ali a 20 anni di prigione. Timoroso di sommosse islamiste o create dagli ex del regime, il governo ha dichiarato il coprifuoco dalle 21 alle 5 del mattino. Il coprifuoco è stato tolto proprio oggi.
Ma i problemi restano e sono quelli del posto che l’islam deve avere in una società moderna e pluralista. I salafiti tunisini, per esempio, hanno come nemici anche sindacati e comunisti, considerati “atei” e indegni di vivere nel mondo musulmano. In tal modo, la “rivoluzione dei gelsomini” sta aprendo la strada a un dibattito e a uno scontro fra diversi tipi di islam.
All’incontro di Tunisi vi saranno le testimonianze di alcune personalità di Ennhada, come pure le relazioni di alcuni studiosi da altri Paesi islamici, sull’influenza della “rivoluzione dei gelsomini” nella loro regione.
Il posto della religione e dell’islam nella società interessa anche le minoranze cristiane. Dapprima sospettose della rivoluzione, sono divenute simpatizzanti, per poi scivolare nella preoccupazione sul futuro islamista che si prospetta. Esse rivendicano un posto per la religione nella società – a differenza di un liberalismo laico o laicista, presente in occidente – ma nello stesso tempo esigono garanzie per loro e per ogni minoranza, con un diritto di cittadinanza piena nella costruzione della società. Su questo punto, molto atteso è l’intervento di mons. Maroun Lahham, già arcivescovo di Tunisi, da poco nominato vicario patriarcale dei latini in Giordania.
Una parte del raduno sarà dedicata anche alla posizione assunta dall’occidente, dominata da pragmatismo economico e disposta, in nome della stabilità, a lasciare spazio a un Medio oriente fondamentalista (v. i casi Libia e Siria), pur attuando una politica di emarginazione delle religioni in casa propria.
Protagonisti (non invitati) del raduno sarebbero anche l’Arabia saudita e il Qatar che – avendo soffocato la rivoluzione dei gelsomini a casa propria – stanno finanziando l’islam fondamentalista in Libia, Egitto, Siria e Tunisia. Non è un caso che gli attacchi salafiti all’inizio della settimana sono partiti subito dopo un appello di Al Zawahiri, capo di al Qaeda, che chiede ai musulmani tunisini a lottare per attuare la sharia nel Paese.
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