TURCHIA – ( 4 Giugno )

Tre morti in Turchia per le proteste antigovernative. Erdogan minimizza. Preoccupati gli Usa



In Turchia non si placa la protesta antigovernativa iniziata, quattro giorni fa, nel cuore di Istanbul. Sale a tre il numero delle vittime degli scontri e mentre gli Stati Uniti hanno lanciato un appello alle parti, affinché si evitino violenze e provocazioni, il premier Tayyip Erdogan esclude che la situazione possa determinare un cambio al vertice. Massimiliano Menichetti:RealAudioMP3

Migliaia di persone in piazza a Smirne, Ankara e Istanbul, qui quattro giorni fa sono scoppiate le contestazioni. La protesta di Gezi Park, nel cuore della capitale, contro la distruzione di 600 alberi è diventata la rivolta della Turchia laica contro il sistema, contro il premier islamico Tayyip Erdogan. Durissimi gli scontri tra polizia e contestatori: cannoni ad acqua, fumogeni e manganelli, contrapposti a sassaiole e cariche. Tre i morti, centinaia i feriti e gli arresti: un ragazzo ha perso la vita dopo che un taxi si è lanciato contro la folla che occupava una super strada, a Istanbul; un altro è morto per un colpo d’arma da fuoco, stessa sorte per un giovane nel sud del Paese. La Casa Bianca segue con preoccupazione gli sviluppi degli eventi, il segretario di Stato Usa, John Kerry, ha anche chiesto un’indagine sul comportamento della polizia. Il premier Erdogan, ignora chi parla di “primavera turca” e ribadisce che “presto la situazione tornerà alla normalità”, intanto rimane occupata pacificamente piazza Taksim, a Istanbul, simbolo della rivolta.

Ma qual è la natura di queste proteste in Turchia, si tratta di un movimento paragonabile alle primavere arabe? Davide Maggiore
lo ha chiesto a
Fabio Grassi, ricercatore in Storia dell’Europa Orientale presso l’Università “La Sapienza” di Roma:RealAudioMP3

R. – Non a breve termine: non è che abitualmente le proteste, per quanto imponenti, facciano cadere i governi. Certamente possono produrre – come mi sembra stia avvenendo – un certo ripensamento, una modifica di atteggiamento.

D. – Qual è la natura di queste proteste? Si tratta di un movimento paragonabile alle primavere arabe che hanno attraversato altri Paesi della regione?

R. – Non vedo una grande somiglianza con questi movimenti. Nel caso delle primavere arabe c’era una profonda spinta di insofferenza, di ribellione contro regimi elitari e spesso militari. Qui il segno è contrario: è una ribellione, è un segnale di forte insofferenza da parte della Turchia laica contro un governo, in cui la spinta verso certe forme di tradizionalismo si è fatta piuttosto forte. Ora la protesta è contro la riorganizzazione di una delle piazze più importanti di Istanbul, centro nevralgico della Istanbul più europea. Ma, pochi giorni fa, c’era stata una dichiarazione molto dura di Erdogan contro il consumo di alcolici…

D. – Quindi quali sono le forze in gioco in questo confronto che, adesso, ha raggiunto le piazze?

R. – Da una parte, il governo e il suo grande seguito popolare che, nell’Anatolia profonda, permane ampio, e – dall’altra – un’opposizione in cui confluiscono il vecchio gruppo sociale fortemente ancorato al kemalismo e uno strato di Turchia laica che – a suo tempo – aveva criticato l’autoritarismo kemalista.

D. – E’ possibile che quanto sta accedendo ora abbia delle ripercussioni a livello elettorale? E’ ipotizzabile un arretramento del partito di Erdogan?

R. – Una piccola flessione del partito di Erdogan è possibile, una sostanziale modifica dei rapporti di forza non mi sembra molto probabile.

Testo proveniente dalla pagina

 

del sito Radio Vaticana
 
condividi su