R. I cristiani che cosa chiedono oggi? Chiedono davvero una propria coscienza, sentirsi liberi di praticare la religione, la fede ricevuta dai padri.
D. Poi anche questo elemento di radicamento…
R. I cristiani locali sono perfettamente inseriti in questa realtà, nella loro storia: non è la storia del musulmano, non è la storia del cristiano, ma è la storia dellarabo! Sono famiglie che hanno lo stesso cognome e alcuni sono diventati per fattori storici cristiani, altri sono rimasti musulmani oppure viceversa, ma si sentono arabi.
D. Da una parte la questione del riconoscimento dello Stato palestinese, dallaltra gli insediamenti israeliani. Una sua riflessione su come i cristiani vivono questo particolare momento…
R. I cristiani, come tutti gli altri cittadini, sono influenzati dai mass media, dai giornali, non tanto da una convenzione o da uno studio particolare della situazione. Certo che le speranze che si accendono quando si vedono passi anche timidi verso la costruzione della pace, queste speranze vengono deluse quando si vede che ci sono salti mortali allindietro, verso una situazione senza pace e una situazione di insicurezza. Ci sono delle persone, ci sono delle forze che si compiacciono di vivere nellinsicurezza e nel creare insicurezza, che crea a sua volta un isolamento delle persone, dei gruppi di persone.
D. In questo senso, quale contributo di speranza per la pace, anche per rompere questo isolamento, possono dare i cristiani nella regione, in Terra Santa?
R. Formare, educare la formazione della coscienza, la formazione della libertà. Questa formazione parte da una conoscenza della propria religione, dal vivere la propria religione in maniera responsabile, dal liberarsi dei pregiudizi. Pregiudizi talmente forti che distruggono laltro. (ap)