SUD SUDAN – (13 Luglio)

GENTILI (ESPERTA AFRICA), DIVISIONE NATA DA "MANCATE RIFORME"

“Per il nuovo Stato la questione prioritaria resta quella dei rapporti con Khartoum, anche perché l’integrazione tra le popolazioni del Nord e del Sud del Sudan è molto maggiore di quanto di solito non si ritenga”. È l’opinione di Anna Maria Gentili, docente di storia e istituzioni dei Paesi afro-asiatici alla facoltà di Scienze politiche dell’Università di Bologna, intervistata da “L’Osservatore Romano” sull’indipendenza del Sud Sudan. Per la docente, esperta di storia e sviluppo politico e istituzionale dei Paesi africani, questo è “il problema principale da risolvere”. “Basti pensare – precisa – alla presenza di rifugiati e di migranti in entrambe le parti. Questo rapporto stretto avrà influenza sul piano delle alleanze politiche, se non altro perché il cambiamento del Sud Sudan dipenderà anche da un analogo cambiamento — auspicabile, ma certo non in atto — del regime di Khartoum. Bisogna poi ricordare la questione dei confini, molto delicata non solo per il controllo delle risorse petrolifere e degli oleodotti, ma anche per la secolare presenza di popolazioni dedite alla pastorizia e che hanno relazioni complesse con le popolazioni sedentarie”. (segue)

17:32 – SUD SUDAN: GENTILI (ESPERTA AFRICA), DIVISIONE NATA DA “MANCATE RIFORME” (2)

Piuttosto, prosegue la docente, “quella del Sud Sudan per l’autodeterminazione — non per la secessione — è una lotta pluridecennale” e “la sua maggior componente, rappresentata proprio dal movimento di Garang (leader del Sudan People’s Liberation Army, che firmò l’accordo di pace del 2005, ndr), voleva creare un Sudan democratico, laico e unito”. Il “consenso alla divisione”, dal 2005 a oggi, è stato però “radicalizzato” da “mancate riforme, nel Nord e nel Sud”. Ora il rischio è che nel Sudan di el Bashir entri in vigore la sharia. “Questa è la minaccia che incombe. Qualcuno sostiene che el Bashir abbia ottenuto un vero e proprio scambio tra l’indipendenza del Sud Sudan e la possibilità d’imporre in tutto il resto del Paese una nuova costituzione radicalmente islamica, al posto di quella in vigore che lascia almeno in parte autonomia alle diverse entità etniche e religiose”. Si tratta “di una questione grave”, conclude Gentili, dal momento che “in molte regioni sudanesi, accanto alla maggioranza musulmana — peraltro non tutta favorevole alla sharia come legge dello Stato — vivono minoranze cristiane che rischiano di ritrovarsi schiacciate dal regime”.


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